Antonio, autore della pagina Facebook “Autismo in movimento” dal 2019, racconta al nostro giornale l’esperienza di vita con suo figlio Gaetano, che il prossimo  29 maggio, compira’ 23 anni

Papà Antonio risponde da Palermo: lo tradisce il marcato accento siciliano che accompagna un tono di voce forte e deciso.

Gaetano è il secondo dei suoi tre figli ed è affetto da autismo grave non verbale.
Antonio va controcorrente, è tenace e forte come una roccia. In una società frenetica e nevrotica, dove tutto corre, lui ha scelto di rallentare e di ascoltare.

Chi? Suo figlio Gaetano, la cosa più preziosa che ha, più di tutto il resto.
Un semplice articolo di giornale non potrà forse spiegare fino in fondo il mondo interiore che papà Antonio ha da trasmettere. Noi ci proviamo.

Per approfondire la loro storia, si consiglia caldamente la lettura del libro “Gaetano, il mio maestro silenzioso – Una storia di coraggio e verità”, pubblicato il 1° aprile 2025, alla vigilia della Giornata Mondiale per la Consapevolezza sull’Autismo.

La scelta dell’1°aprile non è casuale: Antonio preferisce non legarsi a giornate mondiali che vengono dimenticate non appena passa il clamore. Ha scelto un giorno anonimo, apparentemente insignificante, ma capace di parlare.

Come anonimi sembrano tanti giorni della nostra vita che però, nel silenzio delle nostre case, accendono significati profondi. Tanti giorni non hanno un nome, non sono gloriosi o memorabili per la comunità mondiale. Eppure, nel nostro piccolo, magari tra i muri della nostra casa, quei giorni apparentemente anonimi nascondono e ci rivelano un significato. Qualcosa si accende in noi. Qualcosa che è difficile da spiegare a parole e ad altri. Ma non importa più di tanto. Forse l’importante è che io e Gaetano ci siamo capiti, dice Antonio.

Gaetano non comunica a parole, ma esistono tanti altri modi per farlo. Basta smettere di pensare dentro gli schemi.

Siamo, infatti, troppo condizionati da una falsa idea di “normalità”, una voce che ci blocca: “Devi fare così…se no che penseranno gli altri?”.
Fino a qualche anno fa – prima della Legge Basaglia del 13 maggio 1978 – si veniva internati nei manicomi perché considerati “anormali”. Ma anormali rispetto a chi?

La storia di Antonio e Gaetano smonta il binomio ipocrita “normale – anormale”. Non esiste una vera normalità: è solo un codice culturale e sociale in cui spesso ci incaselliamo senza accorgercene.
Siamo tutti diversi e in questa diversità siamo tutti unici.

Attraverso il suo libro, papà Antonio trasmette la voglia di essere se stessi, il coraggio di esprimersi e la ricerca della libertà.

Secondo lui, accanto alla ABA (Applied Behavior Analysis), la terapia più utilizzata per l’autismo, dovrebbe affiancarsi un altro acronimo: “RAAF” (Rispetto, Ascolto, Amore, Pazienza) + C di Compromesso, da lui stesso ideato.

Un episodio significativo: una mattina, come di consueto, Antonio e Gaetano si recano al centro commerciale. Ma quel giorno Gaetano, una volta in macchina, si rifiuta di scendere. Antonio non capisce. Prova ad aprire lo sportello, a parlargli, ma niente.
Allora ricorda ciò in cui crede: Rispetto, Ascolto, Amore, Pazienza + Compromesso. Rispetta la sua volontà, anche se non la capisce. Si mette in ascolto. E poi, alzando gli occhi al cielo, capisce: è grigio, minaccia pioggia. Gaetano non vuole scendere con quel tempaccio.

Antonio allora cambia parcheggio e trova un posto coperto. Gaetano adesso scende senza problemi.

A Palermo Gaetano è conosciuto: nei negozi, nei supermercati, tutti lo salutano e anche con un semplice batti cinque cercano un contatto. Paga da solo, prende il resto, lo mette nel portafogli.
Prima non lo faceva e forse nessuno credeva potesse farlo.

Gaetano, a volte, è triste. In passato, Antonio si ritrovava con i morsi sulle braccia. Oggi, grazie alla “RAAF”, ha imparato a riconoscere quei segnali e a evitare crisi di rabbia e frustrazione.
Dice: “Se ascolto con pazienza, anche nei momenti di crisi, capisco che mio figlio sta male. Magari ha una carie, un dolore fisico. Serve un’équipe multidisciplinare, non solo lo psichiatra. Questi ragazzi non sempre possono dirci cosa provano: e così soffrono in silenzio.”

In altri momenti, invece, Gaetano si sdraia sulla panchina dell’ufficio postale. Tutti lo guardano con stupore. Ma perché non può stare sdraiato? Perché non lo facciamo anche noi?
Forse perché abbiamo paura di non conformarci.

A scuola, propone, si dovrebbe praticare vera inclusione: insegnare a fare una frittata, coltivare l’orto, condividere momenti con i compagni. Attività mirate all’autonomia e all’educazione civica, nel rispetto dei tempi di ognuno.
Fondamentale sarebbe anche la continuità didattica: costruire un legame insegnante-alunno stabile nel tempo.
Gaetano ha frequentato per anni un centro diurno, dal quale però è uscito dopo il Covid.

Oggi apparecchia, stende i panni, è autonomo a casa.

In una pizzeria del centro commerciale ha trovato la sua dimensione: prepara i vassoi per i clienti.

Oggi Gaetano è inserito – ma in un centro commerciale, non residenziale.
Antonio ha lasciato il lavoro per occuparsi di lui.
Volevo dargli la possibilità di vivere, non solo sopravvivere.”
Oggi è un padre e caregiver a tempo pieno. Un lavoro vero, anche se non riconosciuto.

“Penso al futuro. Cosa succederà quando non avrò più le forze?”

È una paura concreta, quella del “dopo di noi”.

Ma Antonio ha anche un sogno: “Il villaggio della felicità”.

Un luogo aperto ma protetto, dove si accoglie non solo la persona con disabilità, ma tutta la famiglia.
Niente terapie obbligate, ma attività che tirino fuori passioni e talenti nascosti. Cura degli animali, orti, laboratori, ristorazione. Con operatori formati, ma soprattutto con la presenza dei genitori.

La storia di papà Antonio e Gaetano merita di essere letta, conosciuta e condivisa. La pagina Facebook “Autismo in movimento” è nata per questo: per entrare in contatto con chi vive esperienze simili, per raccontare la verità e trovare il coraggio di farlo ad alta voce.

Nel frattempo, in anticipo, facciamo tanti auguri a Gaetano per i suoi 23 anni.
E un augurio anche a tutti noi: che la loro storia possa essere d’esempio

Ilaria Miriam Mennuni

per saperne di più

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