Carol con sua mamma e tutta la famigliaCarol con sua mamma e tutta la famiglia

Carol oggi ha 14 anni e sta affrontando, come tutti i suoi coetanei, l’esame di “terza media”: ha i sogni e le speranze di ogni adolescente. Ma la sua vita è un po’ più complicata di quella della maggior parte dei ragazzi della sua età. Da quando aveva solo 4 anni, è seguita per una malattia (ancora senza diagnosi, che le impone la ventilazione meccanica non invasiva notturna) da quella che oggi si chiama Unità operativa complessa di pneumologia del Bambin Gesù di Roma, diretta dal professor Renato Cutrera. 

Lei, così piccola, inizia una storia di ospedalizzazioni che la porta persino in America, alla Mayo Clinic in Minnesota, dove la mamma Francesca Baldo, medico e ora presidente di “Respirando”, individua un ospedale in cui tentare di trovare la diagnosi per la sua bambina.

Da Francesca Baldo ci facciamo raccontare l’attività dell’associazione “Respirando“.

Nell’ospedale in America in cui portammo Carol c’era un libricino per ogni pratica ospedaliera a cui dovevamo sottoporla. Quando compresi questa cosa  feci un confronto mentale con quanto avveniva in Italia dove, negli ospedali, tutto coinvolge poco i bambini che pure devono sopportare certe pratiche.

Pensai che sarebbe stato bello che ce ne fosse uno che spiegasse a Carol il senso di quella mascherina con la quale deve dormire ogni notte. Eravamo a fine 2015. Non essendoci, pensai di scriverlo io e ne nacque  “La mascherina magica”
(https://www.lafeltrinelli.it/mascherina-magica-poppet-s-magic-libro-francesca-baldo-simona-villa/e/9788869950087), illustrato da Simona Villa. Fu pubblicato nel 2016.

In quello stesso anno, su suggerimento del Professor Cutrera, insieme al marito Gabriele Battistelli e all’amica dottoressa Laura Guerrini, fonda l’associazione “Respirando”, che ha prima di tutto l’obiettivo di aiutare le famiglie  dei bambini medicalmente complessi,  che spesso vivono in condizioni di grave difficoltà, anche economica.
Per questo noi, per esempio, forniamo un sostegno economico con un bonus da spendere nelle farmacie on line.” precisa Francesca.

Respirando. Associazione famiglie bambini medicalmente complessi: chi sono questi bambini?

I bambini medicalmente complessi sono quelli che dipendono dalle macchine per vivere la loro vita quotidiana, indipendentemente dalla loro patologia: in ventilazione meccanica invasiva o non invasiva, in ossigenoterapia, portatori di tracheotomia, nutriti tramite sondino naso-gastrico, peg, pej o per via parenterale. Molti di questi bambini non sono autonomi nel movimento e sono dotati di ausili per gli spostamenti, ma altri sono talmente gravi da non poter lasciare il letto. La particolarità della nostra associazione sta nel fatto che riunisce bimbi per condizione non per malattia.”

Quanti sono i bambini a cui facciamo riferimento?

In realtà fino ad oggi i numeri non sono stati altissimi, ma con l’evoluzione della scienza e della ricerca medica aumentano.  Faccio un esempio: una volta chi aveva bisogno della ventilazione assistita era destinato, prima, al “polmone d’acciaio”, poi a macchinari di grandi dimensioni ad uso esclusivamente  ospedaliero: conseguentemente i piccoli pazienti non potevano tornare a casa; oggi i nostri bambini utilizzano un ventilatore meccanico che ha le dimensioni di un portadocumenti A4. C’è un nostro bambino, Andrea, di cinque anni, che se lo porta in giro su un carrellino; altri, non deambulanti, lo
portano invece in carrozzina: in questo modo, però, piccoli pazienti e famiglie possono uscire di casa. E non è scontato il bisogno che hanno!”

L’associazione si rivolge alle famiglie.

“I bambini malati e le loro famiglie hanno bisogno di sentirsi accolti. L’assistenza per molte di queste creature è un vero e proprio lavoro e richiede la presenza a tempo pieno di almeno uno dei genitori, se non di entrambi. Per i genitori è un impegno ventiquattro ore su ventiquattro, senza possibilità di essere interrotto. Questi genitori, spesso, rimangono soli. Uno degli obiettivi che ci siamo dati, come associazione, è quello di dare voce a queste famiglie e di creare una rete tra di loro che li aiuti a non sentirsi isolati ed invisibili. Purtroppo, nella nostra società “dello scarto” lo sono spesso anche le relazioni interpersonali: le amicizie che si nutrono di “socialità” si perdono perché molti dei genitori di bambini medicalmente complessi non hanno letteralmente tempo neppure per fare due chiacchiere al telefono.”

Il mondo esterno conosce la realtà di queste famiglie?

Come associazione, in questi anni, ci siamo adoperati per far sapere chi sono i bambini medicalmente complessi, di cosa hanno bisogno loro e quali difficoltà incontrano le famiglie. Purtroppo spesso si impatta contro il tabù del bambino malato: abbiamo allestito banchetti per illustrare questa realtà, ma molte persone, quando sentono che ci occupiamo di questi casi, fuggono. Magari lasciano un obolo, ma non vogliono ascoltare, non vogliono sentir parlare di situazioni così dolorose. E’ probabilmente un meccanismo di difesa, ma noi così rimaniamo soli, invisibili. Ecco, l’associazione vorrebbe aiutare queste famiglie “invisibili” a diventare visibili e ad avere spazi di condivisione.”

E riuscite ad incontrarvi, come famiglie?

Noi ci rivolgiamo a famiglie in tutta Italia, anche se la nostra sede è a Pisa, e questo rende difficile un incontro fra di noi, anche alla luce dell’impegno che i bambini richiedono; molti di loro sono allettati e non escono mai, alcuni sono fisicamente ospedalizzati, anche per mesi consecutivi; in altri casi, la casa è stata trasformata letteralmente in un ospedale dotato di tutti i supporti necessari alla sopravvivenza del bambino. Prima era praticamente impossibile conoscerci. Il COVID, fra i tanti danni, ha però indotto le persone a conoscere tecnologie per la comunicazione che oggi ci permettono di fare incontri virtuali. Perciò, ogni tanto, ci si incontra in rete, ci si vede e sembra di conoscersi di persona, da sempre.  Poi ci sono anche piccoli che hanno una vita relativamente normale, che possono, per esempio, andare a scuola. Per questi bambini stiamo organizzando, con il Dynamo Camp, per il prossimo ottobre, un fine settimana di attività all’interno di un’oasi del WWF, a Limestre (PT), sull’Appenino toscano.

Il Dynamo Camp è dunque uno dei vostri partner?

“Ad inizio 2017 abbiamo iniziato questa collaborazione per portare i nostri ragazzi con ventilazione meccanica non invasiva a vivere l’esperienza della terapia ricreativa. I nostri adolescenti potevano essere semplicemente liberi, come i loro coetanei, senza la presenza dei caregiver, in un contesto in cui era comunque garantita la massima sicurezza grazie all’assistenza di medici della Unità operativa complessa di pneumologia del Bambin Gesù, del professor Cutrera. Ciò è stato possibile anche grazie alla presenza di monitor cardio-respiratori donati dai Lyons di Pontedera. Con il Covid le attività di questo genere, che permettevano ai ragazzi, e anche ai loro fratelli, un vacanza in piena autonomia, erano state sospese, ma quest’anno il Camp ha ripreso la sua attività e noi ci ritorneremo su loro invito, questa volta con le famiglie, un fine settimana di ottobre.”

Dunque anche i fratelli potranno partecipare all’iniziativa?

Sì. Nel camp accogliamo anche loro, perché spesso sono gli altri invisibili che “sopportano” il peso di questa condizione: vedono per esempio i genitori “scomparire” per i periodi di ospedalizzazione dei fratelli malati e non sempre riescono a comprendere.”
Conoscere e comprendere: due obiettivi determinanti per “Respirando”.
“In questo periodo sto approntando il progetto scuola: per mia esperienza personale, ho dovuto constatare come i bambini e gli adolescenti medicalmente complessi, che per fortuna possono frequentare la scuola, non siano compresi dai propri coetanei. Le assenze per ospedalizzazione, per esempio, vengono date “per scontate” dai propri pari, come se fosse normale. Vorremmo, andando nelle scuole, non solo far conoscere le condizioni in cui vivono i nostri bambini e le loro famiglie, ma generare empatia nei loro confronti.
Stiamo pensando ad un format, adeguato ad ogni fasce d’età, convinti che non sia solo un dovere nei confronti di chi vive questa realtà, ma che sia un “dono” per gli altri, che può alimentare sentimenti più consapevoli e di valoriali.”

Il progetto scuola, il fine settimana al Dynamo Camp, l’assistenza alle famiglie; ma Respirando è anche  più di tutto questo?

Oltre ad aiutare le famiglie a fare rete a non sentirsi sole, abbiamo anche ideato dei piccoli strumenti che aiutano i bambini a vivere più serenamente i dispositivi che utilizzano per la loro sopravvivenza. Abbiamo, per esempio, l’orsetto tracheoventilabile: si tratta di orsetti fatti a mano da una nostra volontaria, Mary, a cui si applicano le tracheo scadute che mi sono fatta donare e che il bambino malato, o anche i fratellini, usano per replicare una di quelle attività che vengono comunemente fatte dai famigliari. Tra l’altro, ora le famiglie li trovano, insieme alle altre dotazioni necessarie per la sopravvivenza, all’interno della tracheobag, fornita dall’ospedale Bambin Gesù, per gestire la tracheo fuori casa.
(https://youtube.be/z2Q3UGZTKCk ).”

E sempre parlando di “giochi”, ci sono i “coprisensori”.

Quando era piccola, la mia Carol, era infastidita dal sensore che, sul dito, misurava i parametri vitali. A nove anni, per non vedere più quella lucina rossa, la coprì con un minuscolo topo peluche e iniziò a giocarci: così l’attrezzatura sanitaria che porta al dito non le fece più paura.  Da lì nacque l’idea di realizzare i “coprisensori”: abbiamo presentato il progetto a Ikea che  ce ne ha donati cinquemila che vengono regalati ai bambini in terapia intensiva ( https://youtube.be/EZmPUYBRLbE )”.

Carol è cresciuta, ma Francesca Baldo continua nella sua attività di aiuto alle famiglie e sensibilizzazione del pubblico convinta com’è che la diversità è un dono di cui dobbiamo diventare tutti consapevoli. Ogni iniziativa è pubblicizzata sul sito https://associazionerespirando.org e sulla pagina FB
https://www.facebook.com/AssociazioneRespirando 
che Francesca invita caldamente a visitare.

Marina Berti

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