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Lorenzo 20 anni e l’amore per le api: “miele meraviglioso prodotto”

Il mondo delle api ha sempre destato grande curiosità e mistero: la loro vita, la loro etologia, la loro precisione e meticolosità continuano ad affascinare grandi e piccini che sempre più spesso si avvicinano a questa meravigliosa specie. Proviamo a conoscerlo grazie ad una giovane eccellenza italiana

Incontriamo Lorenzo Rossetti – 20 anni – che studia Scienze Agrarie e collabora come Tecnico Apistico con l’A.S.G.A. (Associazione Apicoltori Siena Grosseto Arezzo), prima associazione nata in Italia nel 1976 a tutela di questi meravigliosi insetti e dei prodotti dell’alveare. L’associazione è composta da apicoltori locali, riuniti al fine di garantire un prodotto qualitativamente superiore al consumatore, dando vita alle eccellenze toscane, con proprietà organolettiche ottime, tipiche del territorio di provenienza. La passione di Lorenzo nasce nel periodo della pandemia quando gli viene regalato un libro inerente la vita delle api… e da lì è amore a prima lettura!

È importante che la gente valorizzi sempre di più i prodotti dell’alveare come la propoli, la cera, il polline e la pappa reale; oltre al miele naturalmente. Ma è ancor più importante conoscere le frodi alimentari che oltre a nuocere i produttori italiani, non danno garanzia sulle proprietà nutritive che questo meraviglioso prodotto porta con sé. Molto del miele venduto nella grande distribuzione a prezzi economici, proviene dalla Cina; per ottenere il marchio UE (Unione Europea) viene sottoposto ad un processo di microfiltrazione nel quale vengono tolti i pollini originari e sostituiti con quelli di paesi di origine europea; questa operazione autorizza la certificazione UE ma la realtà è ben diversa da un prodotto nato e confezionato in Europa… Proprio per questo è nata l’idea di dare vita a prodotti di filiera corta con marchio A.S.G.A. per garantire l’autenticità dei prodotti”.

“Purtroppo, sono molte le pratiche sleali messe in atto che colpiscono più categorie (consumatori e produttori), come la mancanza di etichette o sigilli o l’adulterazione mediante uso di sciroppi del miele o zuccheri; inoltre, la mancanza di tecnologia idonea per l’analisi dei prodotti rende ancor più difficile capirne la provenienza.  Il consiglio, quindi è sempre quello di seguire aziende e marchi locali”.

Grazie alla collaborazione con la Coldiretti di Arezzo l’associazione ha partecipato al progetto di sviluppo sostenibile e di educazione alimentare nelle scuole elementari e negli asili “i bambini sono molto sensibili e curiosi sia al tema e sia ai laboratori esperienziali che vengono organizzati: li portiamo a contatto con le arnie, facciamo sentire loro i profumi dell’alveare, toccare la cera, assaggiare il miele. Viene spiegata tutta la filiera e la trasformazione dal nettare al prodotto finito. E loro assorbono, incamerano e apprezzano il nostro operato”.

A fine estate, nella meravigliosa cornice di Montalcino potremo godere di tre giornate in cui saranno presenti espositori e produttori provenienti da tutta Italia con molteplici varietà di miele, prodotti dell’alveare, attrezzature apistiche, apicosmesi, convegni e degustazioni.

Appuntamento quindi l’8, il 9 ed il 10 settembre per la 45° edizione della mostra mercato “La settimana del Miele”, a Montalcino.

Per informazioni: http://www.asgamontalcino.com/

Stefania Ingino

“Camminare e’ il sogno di Jo” ecco la sua storia

Irene è la mamma di Jo e ha fondato un comitato, “I sogni di Jo”, nato per aiutare la sua bambina e tutti i bambini speciali come lei. Jo ha quasi 6 anni e in questo momento si trova in Florida per realizzare un sogno: camminare.

Jo con mamma Irene

Jo con mamma Irene

Jo è una bambina speciale e la sua mamma, Irene, e il suo babbo, Luca, sono speciali quanto lei.

” Jo è nata a Pisa, nel 2017, con un’agenesia tibiale bilaterale, emispondilia e ipoplasia femorale. Ma attenzione, non è la malattia che la identifica. Jo è una bambina solare, testarda e forte, curiosa; le piacciono molto la musica, la pittura, la scultura ed ogni attività manuale. Da grande vuole fare due lavori: dice che non avrà problemi perché nel fine settimana farà la pasticciera, mentre il resto della settimana sarà un dottore, perché vuole insegnare a camminare ai bambini che sono nati come lei, come fa il dottor Paley.”

Incontriamo mamma Irene nel mondo virtuale delle chat perché ora tutta la famiglia è in Florida dove Jo è stata sottoposta all’ennesimo intervento chirurgico che le permetterà di camminare. Irene risponde alle mie domande, convinta che raccontare la loro storia aiuterà chi sembra non avere speranze come successe a lei sei anni fa.

Ho letto che, già durante la gravidanza, hai avuto qualche preoccupazione. Che cosa ha significato per te trascorrere quei mesi, sapendo che Jo avrebbe avuto problemi?

Intorno al quinto mese di gravidanza hanno scoperto che qualcosa non andava a livello della gamba destra. I medici non capivano bene di cosa si trattasse, pensavano che la gamba fosse nettamente più corta dell’altra. Sono iniziate una serie interminabile di visite ed ecografie. Non potrò mai raccontare di aver avuto una bella gravidanza: la mia è stata una scalata continua attraverso scelte importanti e persone che ci giudicavano per la nostra scelta di dare comunque la vita a nostra figlia. Scegliere la vita per Jo non è stata una scelta fatta a cuor leggero. È stata una decisione, dolorosa e ponderata, frutto di un confronto fra di noi.”

Avete incontrato la solidarietà delle persone?

In realtà, mentre noi soffrivamo per la decisione che eravamo chiamati a prendere, molte persone, invece di mostrarci solidarietà, ci ricoprivano di insulti, accusandoci di essere superficiali ed egoisti per aver deciso di portare a termine la gravidanza e fare aprire gli occhi di Jo alla vita.”

Questo è davvero impensabile! E voi?

Da quando abbiamo saputo della malformazione di Jo, abbiamo iniziato a cercare ovunque famiglie con il medesimo problema e notizie su centri medici specializzati, ma 6 anni fa su internet non si trovava davvero niente. All’inizio, le prime visite a cui sottoponemmo Jo diedero esito negativo. Poi, improvvisamente, si sono concatenati una serie di eventi che hanno cambiato le sorti di Jo.”

Che cosa è successo, esattamente?

I medici che incontravo mi continuavano a dire che era necessario amputare le gambe di Jo: in Italia non si applica una metodologia conservatrice per cui non esisteva alternativa all’amputazione delle gambe. Noi però cercavamo in ogni direzione per capire se quella fosse davvero l’unica strada percorribile. Poi un giorno è accaduto l’impensabile: la mamma di un ragazzino a cui avevo fatto ripetizioni aveva appena partorito e aveva incontrato una mamma, la cui bimba, che era in terapia intensiva con la sua, aveva la stessa malformazione di Jo. Mi suggerí di contattarla. Mentre cercavo il contatto con lei, mi apparve on line la storia di B., un bambino polacco con entrambe le gambine come quelle della mia cucciola. Scrissi alla sua mamma e lei mi diede il contatto del dottor Paley che stava seguendo suo figlio.”

Il piccolo B. aveva quindi ricevuto le stesse diagnosi?

“Sì, e la sua mamma mi invitò a tenere duro. Mi disse che mi capiva e che anche lei, inizialmente, aveva ricevuto, dai medici che avevano visitato il suo bambino, le stesse risposte che avevo ricevuto io. Ma insistette affinché noi rifiutassimo di far amputare le gambe a Jo. Mi invitò a non arrendermi perché c’era un medico che poteva salvare gli arti inferiori di mia figlia. Quel medico era il dottor Paley.”

Ma Jo, come reagiva alla sua disabilità?

Jo ha sempre avuto un grande, enorme problema: non poter camminare. Ha provato a farlo continuamente, sin dai 6/7 mesi, senza successo ovviamente. Ma lei non si arrendeva: provava e riprovava. I medici dicevano che questo desiderio di Jo era assolutamente positivo, perché significava che la bambina aveva conservato l’istinto naturale a mettersi in piedi. Oggi sono sicura che se non lo avesse avuto sarebbe stato tutto molto più complicato; invece, pur di stare in piedi, avrebbe affrontato qualsiasi difficoltà.”

Oltre a cercare una soluzione alternativa rispetto a quella prospettata dai medici in Italia, in che modo cercavate di aiutare la piccola?

Abbiamo iniziato, sin dalla sua nascita, con la fisioterapia, le fasce, i gessi, i tutori. E le raccontavo, e le racconto tutto, sempre, passo dopo passo. Ho scelto la via difficile della verità, ma così ora Jo si fida di me, perché non le ho mai raccontato una bugia. E collabora ogni volta che è necessario farlo. È consapevole e lotta.”

E nel frattempo, saputo dell’esistenza del Paley Institute, avete contattato il chirurgo per sapere se fosse possibile aiutare Jo, come aveva fatto con B.?

Scrissi al dottor Paley, inviandogli tutta la cartella clinica. Trascorsi i due giorni successivi in uno stato di trepidazione: speravo che la risposta fosse positiva, ma sapevo che poteva anche non esserlo. Ricevetti il responso del dottor Paley mentre ero a guardare il mare. Erano poche parole: “sono in grado di salvare entrambe le gambe di tua figlia”. Erano poche parole, ma quelle che ci restituivano la speranza: piansi. E poi presi appuntamento per fare visitare Jo dal dottor Paley in Polonia.”

Quindi, raggiungeste la Polonia?

“Sì, ci recammo in Polonia e Paley ci confermò che avrebbe potuto salvare entrambe le gambe della bambina, illustrandoci il percorso da intraprendere, sottolineando come esso sarebbe stato sicuramente difficile. Una volta rientrati, il dottor Paley ci inviò il preventivo per la prima serie di interventi. Ammontava a circa un milione di euro. Era una cifra enorme, anche se in parte coperto dalla Paley Fondation. A carico nostro restava una cifra di circa 270.000 euro da coprire, inferiore al milione, ma pur sempre importante.”

Immagino il senso di frustrazione…

In realtà non ci siamo persi d’animo. Al rientro dalla Polonia parlammo con diverse persone e iniziammo a pensare a come raccogliere fondi per aiutare Jo. Una mamma, che era nella nostra stessa situazione, ci suggerí di costituire un comitato per essere completamente in regola nel gestire finanze e fondi. Questo significava andare da commercialista e dal notaio, ma era importante che i nostri fondi privati non si confondessero con quelli raccolti per aiutare Jo, e non solo.”

Che cosa intendi dire con “non solo”?

Nello statuto abbiamo indicato che il comitato “I sogni di Jo” nasceva per aiutare Jo, ma anche altre famiglie che si trovavano nella stessa nostra situazione. Inoltre stabilimmo di portare in Italia tutto quel sapere scientifico. Così, i fondi raccolti non solo sono serviti per aiutare Jo, ma anche Kevin, Giovanni, mamma Sara, e tanti altri. Inoltre lo scorso marzo un fisioterapista toscano si è formato, grazie ai fondi raccolti, presso il Paley care, con tanto di certificazione e, oggi, può affrontare la fisioterapia completa dei casi complessi come quello della mia bambina.”

All’inizio eravate soli, ma ora mi pare di capire che intorno a voi si sia realizzata una fitta rete di solidarietà. Che cosa ha significato per Jo la presenza di queste persone?

C’è voluto un immenso lavoro per far capire alle persone che questa è una storia reale. Un ruolo di grande importanza ha svolto il quotidiano LA NAZIONE che ha prestato la sua voce alla piccola Jo, raccontandone da anni l’esperienza. Siamo stati però molto fortunati anche perché, lavorando nel settore dello spettacolo, personaggi famosi come Bocelli, Aspidi, Insinna, i ragazzi de IL VOLO, Michele Torpedine, e molti altri, ci sono venuti in aiuto, mettendoci la faccia e regalandoci il loro tempo e la loro arte. Abbiamo così, pian piano, trovato persone di ogni età che hanno iniziato ad interessarsi alle sorti di Jo e a volerci bene. La nostra cittadina, Tirrenia, si è unita per aiutare la mia piccolina. Abbiamo sempre cercato di essere grati e di rispondere a ogni domanda che ci era posta. Oggi ci sentiamo una grande immensa famiglia, piena di amore e buoni propositi. Jo è contenta: è cresciuta in questo clima sereno e sorridente. Le persone la salutano, giocano con lei e questo la rende super felice. È un piccolo, immenso mondo, fatto di storie diverse tra loro, che si uniscono attraverso un bene comune: l’amore per la vita.”

E cosa significa per mamma Irene, la presidente del comitato “I sogni di Jo”, vivere attorniata da tanta solidarietà?

Trovo bellissimo il rapporto che abbiamo instaurato con le persone. Mi piace moltissimo essere un cardine per loro, poter regalare positività ed ascoltare le storie di ognuno.

Torniamo a Jo. Che interventi ha subito e come sta ora?

Jo ha subito più interventi. I primi sono serviti a ricostruire le gambe di Jo. Con gli ultimi, invece, sono stato tolti i ferri interni ed è stato messo un fissatore esterno alla gamba destra per allungarla di 9 centimetri. Ora siamo qui in Florida e continua con le sue terapie. Ma vediamo la luce già dentro il tunnel.”

Irene, per concludere questa nostra chiacchierata virtuale, cosa ti senti di suggerire ai genitori di bambini che stanno attraversando un’odissea come quella che hai vissuto tu?

Ci sono tante cose che vorrei dire, tante emozioni che vorrei comunicare e moltissime ferite che vorrei rendere loro meno dolorose. Tra tutte ne scelgo due. La prima è che io sono qui, con la mia storia, la mia esperienza ed il mio cuore, a disposizione di tutti coloro che volessero aiuto per la loro situazione. Non sono soli: il comitato ha una pagina fb, “i sogni di Jo” tramite la quale possono mettersi in contatto con noi. La seconda, è più importante. Non fermatevi alla prima risposta, andate avanti e seguite l’istinto.  A gennaio, sempre grazie alle nostre battaglie, un chirurgo dalla Toscana partirà alla volta della Florida per formarsi in sala operatoria con il dottor Paley. Sono piccoli passi importanti come quelli che fa ogni giorno Jo che ora, a dispetto di tutto, cammina”.

Per concludere, possiamo dunque affermare che Jo ha realizzato il suo sogno?

Possiamo dire che lo sta realizzando perché quello che sta vivendo era inimmaginabile sei anni fa. Invece Jo cammina e, nel frattempo, ha conosciuto tante persone, persino personaggi famosi, che ha amato e che sono diventati parte di noi, del nostro quotidiano. Per lei nessuno è diverso, siamo tutti identici.”

La strada perché Jo possa vedere realizzato il suo sogno di camminare è ancora in parte da percorrere, ma ormai è stata intrapresa. E il successo di questa bimba pisana, che ama ridere, cantare e giocare, rappresenta la speranza anche per tutti gli altri che soffrono della sua stessa patologia e, finora, sembrava avessero poche speranze per riuscire a muovere i loro primi passi.

Marina Berti

 

Dodo come tanti altri bimbi senesi: oggi il primo giorno di scuola

Siena e’ la provincia dove vivono meglio i bambini: analisi del Sole 24 Ore

Terza edizione dei 3 indici del Sole 24 Ore: i dati aggiornati premiano le province con il miglior contesto di vita per fasce di età. Analizzati bambini, giovani e anziani.

É Siena la provincia dove vivono meglio i bambini. I dati raccolti dal Sole 24 Ore raccontano la qualità della vita dei più piccoli su base territoriale: 12 indicatori misurano servizi, opportunità e condizioni di vita. 

Spazio abitativo, pediatri, asili nido, spesa per servizi ed interventi sociali, competenze numerica ed alfabetica non adeguate, edifici scolastici con palestra sul totale edifici scolastici, retta mensa scolastica, giardini scolastici, verde attrezzato, induce sport e bambini, delitti denunciati a danno di minori. Alla fine gran bel risultato per la città del Palio che, in modo concorde all’analisi, si può dire “amica dei cittini”

Qualità della vita: progetto a cura di Michela Finizio con Giacomo Bagnasco e Marta Casadei

Elaborazione dati: a cura di Andrea Gianotti e Marco Guerra dell’ufficio studi e analisi del Sole 24 Ore
Coordinamento Lab24: Luca Salvioli
Design director: Laura Cattaneo
Design: Alice Calvi, Luca Galimberti
Sviluppo: Marina Caporlingua, Renato Zitti Pozzi

per saperne di più

https://lab24.ilsole24ore.com/qualita-della-vita-generazioni/bambini/

Campi solari? Si. Risponde la psicologa

La scuola sta finendo e l’estate è ormai alle porte.

I ragazzi, impegnatisi durante tutto l’anno tra compiti e attività varie, appaiono stanchi e, fortunatamente, sempre più proiettati sulle vacanze e “le attività di svago” che, in questo periodo dell’anno, potranno dominare nelle loro giornate. Non a caso, nella nostra città, come un po’ in tutta l’Italia, si sente parlare di campi solari o attività di aggregazione per bambini e/o adolescenti con finalità ludiche, sportive o ricreative.

Perché ciò è tanto importante?

In psicologia, sin dai pionerestici contributi dei primissimi autori che si sono occupati di Infanzia e Adolescenza (Freud, Winnicott, Klein, Bion, Abrahm., ecc), si fa riferimento al bisogno di questi di socializzare. Per il giovane, alla ricerca della propria identità e di nuovi riferimenti, oltre a quelli genitoriali, il gruppo dei pari, e la frequentazione di coetanei in altri contesti oltre a quello familiare, acquista un’importanza assoluta se non prioritaria (Crocetti, et al, 2018). Condivisione e aggregazione costituiscono proprio degli aspetti fondamentali della crescita di ciascun essere umano (Crocetti, 2022). Non a caso anche la Costituzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (art. 31) riporta che “(…) Gli Stati parti riconoscono al fanciullo il diritto al riposo e al tempo libero, a dedicarsi al gioco e ad attività ricreative proprie della sua età e a partecipare liberamente alla vita culturale ed artistica. Gli Stati parti rispettano e favoriscono il diritto del fanciullo di partecipare pienamente alla vita culturale e artistica e incoraggiano l’organizzazione, in condizioni di uguaglianza, di mezzi appropriati di divertimento e di attività ricreative, artistiche e culturali.”.

Inoltre sintetizzando quanto riportato dall’Osservatorio Povertà Educativa nel 2022, i Centri di Aggregazione Giovanile, spesso considerati alla stregua di luoghi per giovani in difficoltà, riservati esclusivamente alla cura delle marginalità e delle devianze presenti nelle periferie urbane, oggi devono essere visti nella loro funzione più ampia in linea con le più recenti concettualizzazioni. Quindi come una struttura portante nella costruzione di una comunità educativa sul territorio. Infrastruttura sociale e materiale che consente ad esempio di organizzare una serie di attività extra-scolastiche: dalle lezioni di recupero alle attività sportive, dai laboratori creativi ai corsi per lo sviluppo di competenze: momenti di incontro aperti a tutti, a prescindere dalla condizione familiare del minore.

Dunque – in quest’epoca dove il digitale e il virtuale si stanno imponendo rischiando di far perdere l’interesse ad uscire fuori da casa (Ibidem, 2018) – è invece importante ricordare che soprattutto gli adolescenti da sempre, hanno un desiderio irrefrenabile di uscire dalle mura domestiche per espandersi nel mondo dei coetanei (Parrilli, 2019) e di frequentare luoghi dove viversi, sognare, relazionarsi, scambiare esperienze e decisioni di vita. (Ambrosi & Fontana, 1996).

Quindi, in conclusione il mio pensiero/suggerimento va ai giovani. La mia speranza è che possano seguire e fare ciò che proprio Steve Jobs (inventore delle più moderne tecnologie) si augurava «Il tempo è limitato, non sprecatelo vivendo la vita di qualcun altro. Non fatevi intrappolare dai dogmi, ossia vivere seguendo il pensiero di altre persone. Non lasciate che il frastuono delle opinioni altrui soffochi la vostra voce interiore. E, cosa più importante, abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e la vostra intuizione. Essi sanno già che cosa volete realmente diventare. Tutto il resto è secondario […] “Stay Hungry. Stay Foolish” (Siate affamati, siate folli)».

Buon divertimento a tutti!!

Cristina Rigacci

(Psicologo e Psicoterapeuta, è studiosa di dinamiche psicologiche sottese ad una genitorialità difficile o resa tale per la presenza di un figlio che soffre a causa di una malattia o disturbo, ha lavorato per anni con le associazioni senesi “Sesto Senso” e “Asedo” per facilitare l’integrazione di alunni con disabilità e favorire esperienze di autonomia (housing) per un piccolo gruppo di ragazzi Down. E’ tra i soci fondatori di Codini & Occhiali).

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Campi solari: contributi del comune

 

Francesco campione trapiantato: “ho sempre lottato per vincere e per vivere”

Lui è realmente nato per vincere! E nonostante la vita gli abbia messo degli ostacoli davanti e lo abbia fermato di fronte a quella che era la sua passione, il tennis, ha sfruttato i momenti di sosta solo per riposare, riprendersi e ripartire più grintoso e battagliero che mai!  Il 3O maggio sara’ a Siena per AIDO

Francesco Fiore ha solo dieci anni quando è costretto a subire il primo trapianto di cuore a causa di una miocardiopatia dilatativa, una condizione che si verifica quando la cavità cardiaca si allarga in seguito a una perdita di forza di contrazione del muscolo cardiaco, riducendo così in maniera sensibile la capacità che ha il cuore di pompare il sangue.

A seguito della condizione precaria, i suoi reni non hanno potuto svilupparsi integralmente portando Francesco ad iniziare la dialisi a soli vent’anni e ad entrare nelle liste per un trapianto. A ventinove anni la sua situazione vede un peggioramento quando il suo cuore ha una TV (tachicardia ventricolare maligna) che è considerata l’anticamera dell’arresto cardiaco causato da anni di dialisi. Questa condizione lo costringe ad entrare in lista per un doppio trapianto di cuore e reni.

Fortunatamente quasi subito viene trovato un donatore compatibile ma l’operazione è talmente gravosa (dura ben 18 ore) che il nostro amico è costretto ad otto giorni di coma farmacologico, un mese in terapia intensiva e due mesi in reparto. Quando esce dall’ospedale il suo fisico è certamente provato ma la sua forza di volontà lo porta a reagire cominciando con piccole passeggiate, arrivando nel 2019 ad affrontare il Cammino a Santiago de Compostela… da solo!

Nel 2020 durante un viaggio con una comitiva di amici, viene coinvolto in una partita amatoriale di tennis nella quale Francesco sente che il suo fisico reagisce bene. D’altra parte, lui che viene da una famiglia di tennisti, questo sport l’ha sempre avuto nel sangue! Viene a conoscenza dell’esistenza dei giochi nazionali per trapiantati e da qui non si ferma più. Sempre sotto stretto controllo medico, comincia ad allenarsi regolarmente arrivando a vincere i campionati nazionali e a ottenere la medaglia di bronzo ai campionati mondiali di Australia “ho sempre lottato per vincere e per vivere”, ci racconta Francesco orgoglioso dei risultati ottenuti.

Chiedo a Francesco quali i suoi obiettivi futuri: “mi sono iscritto all’università di scienze motorie: voglio portare il mio messaggio in maniera consapevole soprattutto nelle scuole perché credo fortemente che lo sport sia un mezzo inclusivo dei più rapidi e di forte impatto; in ogni caso la mia vittoria più grande è stata la normalità cioè riuscire a raggiungere una vita semplice, fatta di cose che fanno tutti e con la leggerezza che la vita ci dona; resto un po’ duro verso le persone che sono contrarie alla donazione di organi, pur rispettando la loro scelta… diciamo che preferisco focalizzare la mia attenzione e ringraziare chi invece è propenso alla scelta, che per me è significato rinascere”.

Noi intanto ringraziamo Francesco per la sua testimonianza che non si ferma qui ma che continua a Siena il 30 maggio p.v. con l’evento “Dona la vita con AIDO”. Un grande appuntamento dedicato all’informazione e alla sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulla donazione di organi e tessuti. Questo l’obiettivo della seconda edizione di “Dona la vita con AIDO”, manifestazione organizzata dall’Aou Senese e dall’AIDO, in collaborazione con l’Ufficio Scolastico provinciale di Siena, che si terra’, dalle 10 alle 13, nell’aula Magna del centro didattico dell’ospedale Santa Maria alle Scotte. Saranno presenti anche gli studenti che hanno partecipato al concorso supportato da AIDO, sezione Soci Siena Unicoop Firenze e Lions Club Siena: i due migliori elaborati nelle sezioni grafiche per sculture, grafiche pittoriche, disegni e filmati, riceveranno importanti premi. Ospite d’eccezione sarà Francesco Fiore, trapiantato e appena rientrato dal mondiale dedicato ai trapiantati che si è svolto in Australia, dove ha vinto due medaglie per il tennis. Francesco Fiore, che ha ricevuto tre trapianti, parlerà della sua esperienza e di quanto siano importanti la generosità e l’altruismo dei donatori. All’evento parteciperanno Antonio Barretta, Direttore Generale Aou Senese; Roberto Di Pietra, Rettore Università di Siena; Adriano Peris, Direttore Organizzazione Toscana Trapianti; l’Assessore al Diritto alla Salute Regione Toscana. Tra i relatori: Bertilla Troietto, Segretaria Generale AIDO Nazionale; Stefano Bechini, presidente AIDO Comunale Siena; Laura Savelli, Direttrice UOSA Coordinamento Locale Donazione Organi e Tessuti Aou Senese. Saranno presentati anche i programmi trapianto attivi all’Aou Senese, con relazioni di Serafina Valente, Direttrice DAI Cardio-Toraco-Vascolare e Sabino Scolletta, Direttore DAI Emergenza, Urgenza e dei Trapianti. Parteciperà anche Angela Contestabile, dell’Ufficio Scolastico Provinciale, che illustrerà il contributo culturale delle scuole sul tema della donazione di organi e tessuti.

La cittadinanza è invitata a partecipare.

Buona vita Francesco, la tua grinta e la tua voglia di vivere sarà da esempio per tante e tante persone!

Stefania Ingino  

Elisa in un respiro: un trapianto e l’attesa di un altro

La fibrosi cistica è una malattia genetica grave multiorgano e degenerativa. Parliamo di una patologia che colpisce soprattutto l’apparato respiratorio e quello digerente, ed è dovuta ad un gene alterato, cioè mutato, chiamato gene CFTR (Cystic Fibrosis Transmembrane Regulator), che determina la produzione di muco eccessivamente denso. Questo muco chiude i bronchi e porta a infezioni respiratorie ripetute.

Siamo a Magenta, nella provincia milanese dove conosciamo Elisa, 27 anni appena compiuti, che convive con la malattia dalla nascita da quando, ad un solo giorno di vita (confermato un mese dopo con l’esame del sudore) ne viene determinata e confermata la presenza “credo che i miei genitori abbiano avuto momenti di panico, anche perché negli anni ’90 non c’era tanta informazione come ora e la malattia, solo a nominarla, faceva paura ed in quegli anni era ancora chiamata mucoviscidosi”.

I primi sintomi si sono manifestati con disturbi e occlusioni intestinali ma, trattandosi di malattia degenerativa, le cose si sono complicate attaccando la funzionalità dei polmoni. A marzo del 2015 Elisa è in lista per un trapianto che arriva ad ottobre dello stesso anno, salvandole la vita poiché la nostra amica era già in coma a seguito di una “banale” (ma non per lei) influenza. Quando si risveglia le sembra di rinascere “ero senza parole” ci confessa, e dopo appena due settimane dal trapianto viene mandata a casa per riprendere la sua vita, là, dove l’aveva lasciata e guardando al futuro con occhi speranzosi.  Purtroppo, la felicità viene presto adombrata, come ci racconta Elisa “prima il rigetto acuto, rallentato e fermato per anni con la fotochemioterapia, ma poi all’inizio del 2020 una broncopolmonite, rivelatasi   successivamente covid, ha fatto peggiorare tutto il quadro polmonare e il rigetto è diventato cronico. Nel 2021 si comincia a parlare di secondo trapianto e a ottobre 2022 sono ufficialmente in lista, di nuovo…”

Ricomincia quindi il percorso che la porta a rientrare nelle liste d’attesa. Un percorso che lei conosce bene, fatto di ansia, timore e attese vivendo come dentro una roulette russa quotidiana. Qualcosa però si smuove: nella notte dell’otto marzo di quest’anno riceve una telefonata dal policlinico in cui le viene comunicato che sono arrivati gli organi. Giusto il tempo di realizzare, alzarsi e vestirsi ed ecco che la nostra amica arriva in ospedale, col compagno Luca ed i genitori. Sale l’adrenalina, sale l’impazienza e la speranza di ritornare a respirare mentre le fanno una radiografia preoperatoria. Purtroppo, tutte queste belle emozioni subiscono un crollo improvviso quando un infermiere dell’equipe operatoria le comunica che i polmoni donati, hanno il covid. Elisa si richiude nel suo guscio protettivo per metabolizzare, ancora una volta…

Ma la vita continua ed Elisa, che non ha mai smesso di sperare, a ottobre scorso è andata a convivere nella campagna magentina col suo Luca che la supporta e la conforta nei momenti di fragilità. Lavora come segretaria ma il suo sogno è quello di aprire un B&B con annessa fattoria didattica per aiutare ragazzi disabili, praticando la pet therapy. Ha ricominciato a studiare per approfondire tecniche di realizzazione e metodologie operative per essere utile al prossimo e vedere star meglio chi è nato più fragile ed indifeso di altri.

Chiedo ad Elisa cosa pensa delle persone che vedono nella donazione degli organi, la privazione della speranza di vita “purtroppo c’è ancora pochissima informazione e la gente si trova difronte alla scelta solo in momenti estremi in cui anche la stabilità psichica è alterata da una prospettiva di vita o di morte. Bisogna coltivare la cultura del dono e della donazione degli organi perché è veramente gratificante pensare che anche una piccola parte del corpo donata, può ridare vita e speranza”.

Saluto Elisa che nonostante il fiatone è riuscita a regalarmi un bellissimo scambio di sensazioni ed emozioni. Quelle che mi sono rimaste e che terrò accanto a me strette strette, sono la sua grinta e la sua voglia di vivere che mi auguro le permangano per sempre!

Grazie Elisa, buona vita!

Stefania Ingino

“Reclutamento” volontari e forum del terzo settore a Siena: l’opinione del forum nazionale

“Reclutamento dei volontari”, un forum del terzo settore provinciale per Siena. Argomenti attuali di cui abbiamo voluto comprendere di piu’.   Per questo, ci siamo rivolti alla dottoressa Vanessa Pallucchi portavoce del Forum Nazionale del Terzo Settore, ente non profit principale organismo di rappresentanza unitaria del Terzo settore italiano. Rappresenta 100 organizzazioni nazionali di secondo e terzo livello – per un totale di oltre 158.000 sedi territoriali – che operano negli ambiti del Volontariato, dell’Associazionismo, della Cooperazione Sociale, della Solidarietà Internazionale, della Finanza Etica, del Commercio Equo e Solidale del nostro Paese. Ecco cosa ci ha detto.

Perché oggi è importante parlare di “Forum del Terzo Settore”?

Prima ancora di Forum del Terzo Settore, è importante che si parli di Terzo settore. Ciò che fanno ogni giorno milioni di volontari e centinaia di migliaia di dipendenti delle organizzazioni in tutta Italia è realizzare, in modo silenzioso, un modello di economia e di sviluppo alternativo, inclusivo e partecipato, che andrebbe conosciuto e diffuso molto di più, per il benessere di tutte le comunità. I Forum del Terzo Settore (a partire da quelli locali fino al Forum nazionale) nascono per valorizzare l’impegno delle varie reti e organizzazioni sui territori e per farle “parlare” con una voce sola, facendo sintesi delle diverse sensibilità e dando risonanza a valori e principi comuni. Il fatto che i vari enti condividano, ciascuno con le proprie peculiarità, il perimetro del Terzo settore e partecipino alla rappresentanza degli interessi portata avanti dai Forum, aumenta l’efficacia dell’azione collettiva: è un processo dal quale tutti i soggetti di Terzo settore ne escono rafforzati. Ricordiamo che il Forum Nazionale del Terzo Settore è stato riconosciuto già nel 2017 come l’associazione di enti del maggiormente rappresentativa del Terzo settore sul territorio nazionale, e così anche diversi Forum regionali. Questo dato è molto importante, che contribuisce ad aumentare il valore riconosciuto, anche e soprattutto dalle istituzioni, a tutto il variegato comparto socio-economico rappresentato da associazioni, organizzazioni di volontariato, imprese sociali”. 

A margine del convegno  “SENTIRSI PARTE. Il volontariato dalla dimensione individuale a quella collettiva” che si è svolto recentemente a Firenze, abbiamo approfondito la tematica del “Reclutamento dei volontari” con un articolo. Considerata la natura del nostro quotidiano, a cui sono cari i valori dell’altruismo e della solidarietà, ci piacerebbe avere una sua idea sul calo dei numeri dei volontari attivi. In particolare, le azioni che il “terzo settore” dovrebbe mettere in atto per diminuire o invertire la tendenza.

Le trasformazioni sociali ed economiche che stanno attraversando il Paese dispiegano i loro effetti anche sul Terzo settore e sul volontariato. Soprattutto a seguito della pandemia, stiamo assistendo a un generale indebolimento delle relazioni sociali e al rafforzarsi di forme di individualismo anche legate alla digitalizzazione, che incidono in negativo sull’impegno gratuito e spontaneo che contraddistingue il volontariato. Anche la paura del futuro, il senso di precarietà vissuto da sempre più persone sulla propria pelle, hanno conseguenze sulla volontà di dedicare parte del proprio tempo alla collettività. Ma non dobbiamo pensare che si stiano esaurendo le energie positive di questo Paese: il Terzo settore deve piuttosto fare uno sforzo di analisi delle cause del fenomeno, ascoltare con attenzione i territori e le persone, accompagnare il cambiamento in atto, anche adeguando le strutture e le modalità con cui fino ad oggi ha attratto e coinvolto i volontari. Anche la riforma del Terzo settore gioca un ruolo importante in questo processo, avendo dato slancio a nuovi strumenti con cui gli enti possono svilupparsi e innovarsi alla luce di un inedito contesto sociale, che porta con sé grandi sfide”.

La situazione Toscana sul preciso argomento (calo del numero dei volontari) è simile a quella nazionale? E’ un “fenomeno” maggiormente avvertito nei giovani?

I primi dati Istat recentemente pubblicati sul censimento permanente del non profit, confermano che il trend del calo dei volontari è nazionale. Sicuramente occorre fare un ragionamento specifico sui giovani, in ottica di ricambio generazionale. Ragazze e ragazzi sono interessati al volontariato, cercano esperienze di valore, ma sono disposti a praticarle in forme più occasionali, anche perché nel momento in cui cambiano gli stili di vita e cambia il modo del lavoro, automaticamente cambia anche il modo di dare la propria disponibilità nel volontariato. E’ importante allora lavorare per attrarre i giovani, comprendere le loro motivazioni e le loro esigenze, anche di conciliazione con la vita lavorativa, privata o il percorso professionale. Ma bisogna anche trasmettere loro la bellezza e l’importanza di costruire una rete sociale, di condividere un percorso e una visione di società nel momento in cui si pratica il volontariato: questo è un valore aggiunto che possono dare le organizzazioni, oltre all’attività di volontariato stessa, che arricchisce le persone e le fa sentire parte di una comunità promotrice di principi e valori comuni”.

Siena ha registrati nel RUNTS 720 enti (Registro Unico Nazionale del Terzo Settore) ma non ha un forum del terzo settore provinciale. Sarebbe necessario secondo lei? Quali azioni intraprendere per ottenerlo?

Credo che costituire un ente di rappresentanza unico a livello provinciale possa sicuramente essere utile per il coordinamento e il rafforzamento delle azioni dei singoli soggetti. Ma è un percorso che devono avvertire come necessario le stesse reti sul territorio, a seguito di una riflessione condivisa. Solo a quel punto si possono intraprendere i passi successivi, tra cui è fondamentale la messa a punto di uno statuto, per i quali il Forum regionale della Toscana e il Forum nazionale potranno senz’altro offrire il loro supporto”.

Giuseppe Saponaro

(nella foto dottoressa Vanessa Pallucchi portavoce del Forum Nazionale del Terzo Settore)

per saperne di più

Il Forum del Terzo Settore

 

“centimetro zero” per annullare le distanze

La Locanda del terzo settore “centimetro zero” è un ristorante diverso. È un modello di locanda sociale in cui l’attività di ristorazione è il punto d’arrivo di un progetto molto più ampio che coinvolge la disabilità, l’autoproduzione e il recupero creativo. “Tutto ciò che si mangia da Centimetro Zero, proviene dal nostro orto o dalla nostra rete di cooperative sociali e aziende locali; le sedie dove vi accomoderete o le lampade che illumineranno la vostra cena, sono state restaurate e dipinte a mano dal nostro staff, che comprende un gran numero di giovani con disabilità fisica e mentale. Questi ragazzi, infatti, sono il cuore pulsante della Locanda: coltivano i suoi prodotti, hanno contribuito all’arredo del ristorante, lavorano come personale di sala e si impegnano in tutte le attività che la Locanda promuove per rafforzare la produttività, la cultura, la formazione e lo scambio.”

 

Siamo nella provincia di Ascoli Piceno e incontriamo Emidio Mandozzi, co-fondatore insieme a Roberta D’Emidio della Locanda Centimetro Zero, che ci racconta com’è nata l’idea di aprire un’attività così particolare: “avevo letto alcuni articoli in cui nei paesi scandinavi avevano messo in atto dei progetti che coinvolgevano persone disabili, integrandole nel mondo del lavoro.  Le attività li avevano portati ad una rilevante diminuzione dei farmaci che normalmente assumevano, unitamente ad uno sviluppo delle loro capacità e peculiarità”.

Dopo un progetto fatto a seguito di un bando su tematiche sociali proposto dalla Cassa di Risparmio a cui partecipa Roberta D’Emidio ed altri colleghi, viene scelto un centro diurno del territorio e viene dato il via al programma. Inizialmente è solo un’attività laboratoriale con la cura dell’orto, ma successivamente nasce l’idea della Locanda in cui i ragazzi coinvolti si sentono utili e sviluppano doti di socializzazione e intrattenimento.  Una cena da Centimetro Zero è più che una cena: è mangiare bene, è mangiare sano, è sostenere il territorio, è partecipare ad un progetto sociale, è farlo in un luogo vivo e variegato.

Centimetro Zero è molto più che mangiare a chilometro zero: è annullare ogni distanza tra voi e noi. È essere vicini, stretti stretti, alla genuinità del nostro territorio, al passato che si rinnova nel presente, ai nostri ragazzi che, così, hanno la possibilità di integrarsi nel mondo del lavoro”.

I prodotti della dispensa della Locanda del Terzo Settore – Centimetro Zero, dalla carne all’olio, dai vini alle bibite, dalle marmellate ai cereali, hanno una provenienza certificata, il più possibile a chilometro zero, e sono forniti dalla rete di aziende locali e cooperative sociali del territorio. Inoltre, La Locanda offre ad ogni cliente la possibilità di acquistare anche un pezzo della Locanda! Se la sedia dove avete cenato vi è piaciuta, fatevela mettere sul conto e portatevela a casa!

Chiedo ad Emidio la reazione dei clienti quando incontrano questi ragazzi speciali “ai clienti sembra di stare a casa perché l’ambiente è accogliente ed il personale interagisce socializzando con loro; tra i nostri clienti ci sono anche tantissimi giovani che preferiscono venire da noi anziché andare nei fast-food e che mettono in luce la loro spiccata sensibilità quando, entrando nel nostro locale, dialogano e si relazionano piacevolmente con il nostro personale”.

Emidio tiene a sottolineare che anche i ragazzi di Centrimetro Zero hanno diminuito le cure di medicinali da quando sono occupati nel progetto! Un risultato meraviglioso a cui non si può che gioire, complimentandoci con tutto lo staff che li segue quotidianamente!

Sosteniamo la nascita di queste attività, sosteniamo progetti di inclusione e di cooperazione affinché la disabilità diventi una distanza solo più  teorica!

Per informazioni: locandaterzosettore@gmail.com

Stefania Ingino

"Si-Sienasociale la coprogettazione che tanto vale" : corso antenne del territorio

Integrazione canoni locazione: ecco il bando

Via alla pubblicazione del bando per l’assegnazione dei contributi a integrazione dei canoni di locazione

Il Comune di Siena informa che da domani, giovedì 25 maggio 2023, per trenta giorni consecutivi, con scadenza il giorno 23 giugno 2023, sarà in pubblicazione il Bando per l’assegnazione dei contributi a integrazione dei canoni di locazione relativamente al periodo 1 gennaio 2023 – 31 dicembre 2023. Possono partecipare tutti coloro che, residenti nel Comune di Siena, oltre agli altri requisiti richiesti, siano in possesso di un contratto di locazione, regolarmente registrato, per un alloggio adibito ad abitazione principale. In applicazione dei criteri fissati dalla Regione Toscana i soggetti richiedenti, saranno collocati nelle fasce A o B sulla base dei seguenti parametri economici: fascia Avalore Ise uguale o inferiore all’importo euro 14.877,20 Incidenza del canone annuo sul valore Ise non inferiore al 14%; fascia Bvalore Ise compreso tra l’importo di euro 14.877,21 e l’importo di euro 32.048,52; incidenza del canone annuo sul valore Ise non inferiore al 24%. Il valore Isee del nucleo familiare non deve essere in ogni caso superiore ad euro 16.500.

La domanda di partecipazione alla procedura, dovrà essere compilata e presentata, a pena di esclusione, esclusivamente in modalità online collegandosi al sito del Comune di Siena, aree tematiche sezione politiche abitative –bandi aperti e cliccando sul link https://siena.cloud.softech-engineering.it/UserLogin/LoginUser.aspx?Erp=S.

Per accedere alla suddetta pagina web è necessario essere in possesso dell’identità digitale Spid (Sistema Pubblico di Identità Digitale). Per maggiori informazioni su come ottenere ed attivare lo Spid è possibile consultare la pagina dell’Agenzia per l’Italia digitale https://www.spid.gov.it/cos-e-spid/come-attivare-spid/.

Per le modalità di compilazione ed invio della domanda è disponibile un manuale utente nella sopra indicata pagina web del Comune ed è possibile ottenere informazioni ed ausilio telefonando agli operatori del Servizio politiche abitative ai numeri 0577 534529 – 292277 – 292369 – 292435 o scrivere una mail a politicheabitative@comune.siena.it.

E’ possibile usufruire di assistenza alla compilazione della domanda contattando: lo Sportello Famiglia, Casato di sotto, 23, al numero 0577 292353, mail sportellofamiglia@comune.siena.it (lunedì, mercoledì e venerdì dalle ore 10 alle 13 – martedì e giovedì dalle ore 15 alle 17); la Caritas Diocesana di Siena, al numero 0577/280643 (lunedì e martedì dalle 9 alle ore 12); la Croce Rosso Italiana Comitato di Siena, al numero 3496481033 (su appuntamento dal lunedì al venerdì dalle ore 13.30 alle 15) mail siena@cri.it; l’Arci di Siena al numero 0577 247510 (su appuntamento martedì e venerdì dalle ore 15 alle 17); il Sunia di Siena, al numero 0577 254910; mail sunia.siena@sunia.it (su appuntamento martedì e giovedì dalle ore 9.30 alle 13 e dalle ore 14.30 alle 18 – mercoledì e venerdì dalle ore 14.30 alle 18).

Per ulteriori informazioni sarà possibile rivolgersi alla Direzione affari generali e amministrativi, servizio politiche abitative – Casato di Sotto, 23 – Siena, tel. 0577/534529 – 292277 – 292369 – 292435).

Sollievo al cargiver: l’idea dalla Valdichiana

Migliorare la qualità di vita di chi assiste il malato in cure palliative è l’obiettivo del progetto “Prendiamoci Cura” finanziato da Calcit Valdichiana OdV. Lo studio vuole promuovere la cultura del sollievo dalla sofferenza fisica e psicologica attraverso un supporto assistenziale e psicologico, al caregiver che assisterà il malato al proprio domicilio fornendo un aiuto concreto alla famiglia.

Realizzato in collaborazione con l l’equipe di Cure Palliative della Zona Distretto della Valdichiana Aretina, il progetto è stato presentato ieri all’Ospedale di Santa Margherita della Fratta, in vista della XXII Giornata Nazionale del Sollievo in programma il 28 maggio.

Per la direzione della Asl Tse hanno portato il proprio saluto il Direttore Sanitario Simona Dei ed il Direttore Amministrativo Antonella Valeri. Presenti anche il direttore della Zona Distretto Manuela Giotti che ha coordinato i lavori e gli amministratori della Valdichiana aretina.

«Quella di oggi è una giornata importante – ha dichiarato Simona Dei, Direttrice Sanitaria Asl Tse – perché presentiamo un progetto sul prendersi cura di chi si prende cura di un familiare colpito da una malattia evolutiva ad esito infausto. Malattie come queste non riguardano solo chi ne è affetto ma anche coloro che li assistono e che sono messi a dura prova, ogni giorno, dalla sofferenza. Una esperienza drammatica, se vissuta nell’isolamento e nell’abbandono, ma che può trasformarsi in un momento di condivisione e di umanizzazione se ci sono sostegno e amore. Grazie al progetto si può contribuire a dare sollievo alla sofferenza fisica e psicologica di chi vive una esperienza di dolore».

Un progetto nato da un’idea della dr.ssa Concetta Liberatore, direttrice UOC Cure Palliative Asl Tse. «Donare ore di libertà e di sollievo a chi è in contatto quotidianamente con un malato grave è un gesto di grande umanità e solidarietà – ha spiegato la dottoressa Liberatore –. Il caregiver è una figura importante e spesso coincide con uno o più componenti della famiglia. Il progetto si rivolge a questa figura perché si rafforzi il suo valore nel luogo dove il malato ha scelto di stare e concludere il suo percorso di vita – prosegue -. Le ore messe a disposizione nel progetto permetterano al caregiver di trovare sollievo e potersi allontanare per qualche ora di svago lasciando il proprio familiare fragile e vulnerabile in mani esperte».

«Questo progetto – ha proseguito Liberatore – vuole lanciare un segnale positivo all’intera Comunità della Valdichiana Aretina, perché si diffonda la cultura del sollievo e l’importanza di accedere alle cure palliative per i malati e le loro famiglie che giungono nella fase avanzata ed evolutiva di una malattia inguaribile. E’ un percorso complesso che dobbiamo costruire nel tempo assieme alle Istituzioni locali, ai cittadini della zona affinché l’accesso alle cure palliative, alla qualità di vita (e del fine vita) non rimanga un privilegio di pochi ma un diritto di tutti come prevede la Legge 38/2010».

«Abbiamo scelto di finanziare il progetto – ha spiegato Massimiliano Cancellieri, presidente Calcit Valdichiana Odv – perché è importante aiutare a dare sollievo ai pazienti e a chi si occupa di essi contribuendone a ridurre lo stress. Abbiamo, inoltre, individuato chi dovrà fornire l’operatore per supportare il caregiver del paziente seguito dalla U.F. Cure Palliative e cioè la Cooperativa Polis.

Il supporto psicologico verrà fornito da una esperta individuata dalla Fondazione Cesalpino attraverso una borsa di studio che abbiamo finanziato come Calcit».

« E’ un progetto innovativo che partirà in forma sperimentale in Valdichiana aretina – prosegue Cancellieri – e che potrebbe essere replicato in tutte le vallate. Troppo spesso si pensa al paziente e poco a chi si occupa di lui. Enorme è lo stress fisico ed emotivo dovuto al carico assistenziale. Oggi vogliamo contribuire ad evitarlo. Un’idea della dottoressa Liberatore che noi abbiamo subito sposato».

Il progetto metterà a disposizione 640 ore annue, in media 2 ore al giorno per una spesa di mille euro mensili finanziati da Calcit Valdichiana per complessivi 12 mila euro l’anno.

Ma come si fa ad accedere al servizio? È necessario essere in carico all’U.F. Cure Palliative. I medici palliativisti Maria Magdalena Bozzi e Adelina Kapllani, con la dottoressa Sofia Seri, psicologa e psicoterapeuta, effettueranno una prima valutazione dei bisogni. Un successivo colloquio con il caregiver misurerà la necessità e l’appropriatezza di ricorrere ad un operatore qualificato e formato che si occupi del paziente per qualche ora la settimana. Uno screening che permetterà alla psicologa di approfondire la conoscenza del paziente, nel contesto in cui vive e di individuare eventuali bisogni e richieste che saranno, poi, analizzate e quindi sottoposte alla Cooperativa che dovrà erogare il servizio.

(un momento della presentazione con la dottoressa Liberatore che spiega l’idea alla base del progetto)