Per la storia della domenica, la vicenda umana di Saverio Garofalo. 31 anni, marito, padre, operaio e attaccante della Nazionale Calcio Trapiantati. Sua madre gli ha donato un rene. Saverio racconta così.

La mia storia con i problemi legati ai reni inizia fin da piccolo:  mio padre ha avuto problemi e, come lui, suo fratello (mio zio).  Entrambi sono passati dalla dialisi ma, fortunatamente, dopo alcuni anni, hanno entrambi ricevuto il trapianto, mio zio da 17 anni sta benissimo ed ha 60 anni; purtroppo, mio padre, 3 anni dopo il trapianto , é morto per una pancreatite acuta, a 51 anni.

Avendo questa famigliarità, mi controllo dall’età di 12/13 anni e, sfortunatamente, verso i 16/17 anni,  anche i miei reni hanno iniziato a dare alcuni piccoli segni di cedimento. Nonostante questo, la mia vita è andata avanti normalmente e l’unica “malattia” che ho percepito di avere é quella per il calcio!

A 15 anni partivo allo 6.45 per andare a scuola con i libri nel borsone, all’uscita bus per il campo, arrivavo nello spogliatoio 1 ora e mezzo prima, dormivo sul lettino per i massaggi, mi allenavo, e con 2 bus, tornavo a casa la sera alle 8. Stanco ma mai con un ripensamento. 2 anni cosi poi un cambiamento.  Lavoravo in un bar. Nonostante 2 offerte di società più importanti, non accettai di giocare a più alti livelli: la domenica ero impegnato dietro il bancone.  Mi riscoprii giocatore di movimento, nonostante i 105 kili avevo grinta da vendere. 7 anni cosi.

Poi, purtroppo nel 2017, a 3 mesi dal mio matrimonio, le mie analisi di routine, dopo anni stabili, hanno denunciato l’esigenza di cure immediate.

Presso l’ospedale della Versilia, il dottor Guido Ricchiuti, giovane nefrologo da una preparazione stupefacente, mi ha sempre fatto fare ogni passo con il sorriso, lo ringrazierò per sempre, perchè nei momenti brutti trovare persone come lui fa VIVERE!

I controlli diventano piú serrati, finche a inizio 2020 un’altra grossa impennata della creatinina ci fa capire che  era arrivato il momento. Dovevo fare il trapianto. Fortunatamente per me, mia mamma è risultata compatibile e, con un gesto immenso, mi ha donato il suo rene.

Il mio caso passa in mano alla dottoressa Beati, che ci organizza 20 visite in un mese, una cosa impensabile, e ci coordina il trapianto a Siena.

Il 22 Gennaio 2021 faccio il trapianto alle Scotte a Siena dove un equipe preparatissima fa filare tutto liscio. Passo 9 giorni coccolato dalle meravigliose infermiere. Dottori chiari e sempre sorridenti, un aspetto per me fondamentale. Va tutto splendidamente bene ed in pochi mesi sono di nuovo in forma.

La prima foto che mando al nefrologo, a 2 giorni dal trapianto, ha come risposta: “stai benissimo! Ti manca solo il pallone!”.
Ed era vero.

Il trapianto mi ha cambiato la vita, potevo tornare a fare tutto, stavo benissimo, ero in forma come non lo ero da anni. Ma mancava il pallone…

Passo un anno senza calcio, finché un giorno mi ricordai di quando una volta, a circa 10 anni, ad un congresso sui trapianti con mio padre, parlavano di alcuni trapiantati che giocavano a calcio. Allora mi metto a cercare su google e trovo la NAZIONALE ITALIANA CALCIO TRAPIANTATI, guardo dove hanno la sede ed era a 5 minuti da dove lavoro. Ci ho pensato un pò, ma poi ho scritto una mail.

Mi ha risposto Katy, la presidente, una donna fortissima, moglie dell’ideatore della nazionale, purtroppo deceduto. Parlo con lei mi spiega di cosa si tratta e felicissimo mi presento al campo per la prima partita con un’adrenalina immensa.

I ragazzi mi accolgono benissimo, mi sono trovato da Dio, tutti trapiantati ma quando sono in campo nessuno lo direbbe. Hanno uno spirito inarrivabile. Sono entrato in una famiglia che mi ha accolto alla grande.

Perdiamo, ma faccio gol all’esordio. Per 2 settimane non ho pensato ad altro. Solo a quel gol. Di giorno di notte. Che emozione.
A metá ottobre però capisco il vero progetto della nazionale. Ci presentiamo a Montepulciano per un memorial.
Il sabato mattina andiamo in una scuola superiore davanti ad un centinaio di ragazzi; raccontiamo le nostre storie. Tutti a bocca aperta. Tutti incuriositi. Facciamo capire quanto il trapianto ti riporta in vita. Facciamo capire quanto donare é importante. Questo é il vero scopo della nazionale.
Il pomeriggio poi ci presentiamo in campo e li mi sento a casa.

A 31 anni, ho passato diversi momenti difficili, sono fortunato però, ad avere un carattere sempre positivo che mi fa vedere sempre il bicchiere mezzo pieno. A 31 anni, mi sento una persona normalissima, che gioca a calcio, e che vive la sua famiglia al 100%

Un grazie speciale a chi mi ha donato questa possibilitá e mi ha risparmiato una brutta trafila. Grazie mamma.
Un altro grazie a chi non mi ha mai fatto sentire diverso, chi anche nei momenti bui non mi ha mai fatto piangere addosso. Grazie a mia moglie Jessica.

Grazie a mia figlia e mia nipote che mi danno ogni giorno lo stimolo per andare avanti.
Grazie al calcio, che mi stimola a stare in forma e a volermi bene.
IL TRAPIANTO É VITA.

Saverio Garofalo

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