Qualche mese fa ho perduto mia moglie dopo una lunga malattia. Ho scritto mia moglie, ma forse avrei dovuto dire la mia compagna di vita, una vita che abbiamo trascorso insieme dai tempi del liceo, percorrendo gli stessi studi, lavorando insieme, vivendo insieme e tanto altro. Per me è stata una perdita enorme e molto dolorosa, un dolore che è tutt’ora presente dentro di me, ma che sento via via attutirsi attraverso il “lavoro del lutto”. È questa un’espressione che tutti conosciamo, che tutti usano a volte anche senza conoscerne in pieno il significato. Pubblico oggi il mio quinto intervento su Sienasociale.it

Ciao Paola, non ti ho più scritto, sono stato preso da mille altre cose, ma nei giorni appena trascorsi ho pensato spesso al fatto che tra poco sarebbe il tuo compleanno, e in più ricordo i giorni dell’anno scorso così crudi. Non posso fare a meno di cedere alla voglia di farti gli auguri ed in più di immaginare qualche bilancio e di parlarti.

Oggi è il tuo compleanno, è il primo che passiamo separati ed in più tra un mese esatto sarà un anno che sei partita per quel viaggio che tutti faremo. Devo dirti che la mia situazione interna, col tempo (me lo dicevano tutti, anche tu, ma stentavo a crederci) è cambiata e mi sento più tranquillo con me stesso e con te. Con te forse ero arrabbiato per questa partenza e mi faceva disperare il pensare che ci si stava salutando un po’ male. Forse quando entrambi abbiamo capito che la partenza era prossima, siamo stati travolti dalla paura e siamo diventati vittima di una serie di equivoci.

Io, pensando che anche tu lo volessi, avrei desiderato un addio importante, non dico con la banda e tutto il resto, ma un po’ di enfasi la immaginavo, forse la volevo, con saluti e dichiarazioni definitive sul nostro aver passato la vita insieme.

Tu invece, sempre in linea con il tuo inossidabile “understatement”, preferivi ignorare, lasciar perdere, forse lasciarsi andare più che alla tristezza alla rabbia di come le cose stavano andando. Adesso quindi capisco meglio, certe immagini, certi toni che mi rivolgevi per smorzare ogni cerimonia che esaltasse ancora di più quello che stava accadendo. Tanto – immagino che tu pensassi – che ci dobbiamo dire? oltre al fatto che abbiamo passato la vita sempre insieme e bene. E così quei ricordi dentro di me si sono attutiti, hanno cambiato senso ed ora, posso dire, ti sento di nuovo presente e vicina come quando potevo vederti e toccarti.

Sei diventata una presenza che fa da sfondo alla mia vita attuale, insomma ci sei sempre ed il nostro colloquio è continuo anche senza tante parole. Inoltre, mi accorgo che ti sto dando ragione su tante piccole cose e faccio mie quelle che erano le tue abitudini che, prima magari criticavo un po’ e che adesso invece mi sembrano ben fatte. Per esempio, mi sono accomodato sul tuo divano, trascurando molto l’altro salotto, oppure ho smesso di lambiccarmi sui programmi della lavatrice e, come dicevi tu, faccio sempre il solito, quello “tutti i giorni” tanto – dicevi – so’ tutti uguali e tante altre cosette simili.  

Stanotte ti ho sognato e come succedeva spesso si discuteva un po’ su un lavoro da fare. Non siamo mai stati inclini alle moine ed agli sbaciucchiamenti, anche se ne avevamo voglia entrambi.

Nella nostra generazione i genitori (o almeno i nostri) ci hanno insegnato ad essere parchi con l’esternazione dei sentimenti e noi, come sempre, siamo stati ubbidienti, anche troppo. E poi forse è proprio dei toscani un comportamento magari a volte un po’ stringato e quasi grezzo ma mai mieloso.

E quindi oggi vorrei parlarti con il tono che avrei utilizzato se tu fossi stata qui con me e ti dico: senti, tu riposa tranquilla. Alle cose che sono rimaste da fare e che abbiamo iniziato insieme, ci penso io.  Oh… basta che poi tu non trovi da dire e cominci a brontolare come hai fatto spesso! Riposa tranquilla, quaggiù ci sono io. È anche un modo per restituirti il tempo e l’assiduità che avevi per me, per noi. Adesso tocca a me.

Poi penso che, come dice il poeta: “… un giorno, ma chissà quando/ ti rivedrò/col naso ti sposterò i capelli / e dopo non lo so…”[1] Ecco queste parole, soprattutto quel “ma chissà quando” mi fanno ancora piangere, ma in altri momenti mi sento saldo invece nel sentirti con me, come sempre, come prima.

Ti saluto con un semplice ciao, così come siamo sempre stati semplici, soprattutto tu. Tu lo sapevi e l’hai richiesto a tutti, anche alla fine, là dove io, invece, volevo essere enfatico. E così mi hai anche insegnato che non sono necessarie tante cerimonie per morire, insomma in fondo che sarà mai morire, una cosa che fanno tutti! Meglio rimanere come sempre semplici!

 Il tema della morte è uno di quelli che non sarà mai risolto, anche se ci occupa in lunghe meditazioni. Ma ci sono dei momenti, magari fugaci, in cui le cose sembrano chiare e limpide. Devo dire, ringraziandoti ancora una volta per le riflessioni che mi obblighi a fare, che mentre scrivevo mi è sembrato di trovarmi in uno di quei momenti. La morte è un atto della vita, sia pure quello finale, lo si può affrontare in mille modi, tra i quali c’è anche quello che ci hai fatto vedere tu: la semplicità, magari non proprio la serenità, ma chissà se la rabbia non fosse in relazione all’equivoco tra di noi, l’ultimo. Io che volevo dare importanza al passaggio e tu che invece preferivi non pensarci e che tutto andasse come il destino aveva già deciso. E chissà che non sia quello il modo più semplice per partire.

[1] Da “Sei volata via” canzone portata al successo da Ron, ma scritta, parole e musica, da Jovanotti. È una piccola storia struggente, tratteggiata con poche frasi.

Andrea Friscelli

Sienasociale.it ospita con estremo piacere le riflessioni del dottor Friscelli che ringraziamo per la disponibilità. Andrea Friscelli, psichiatra e psicoterapeuta ha lavorato per molti anni nel servizio di Psichiatria della locale ASL, è tuttora attivo anche nel Terzo Settore cittadino come fondatore della cooperativa sociale La Proposta (Orto de’ Pecci) di cui è stato per lunghi anni il presidente. Negli ultimi anni ha pubblicato alcuni libri e si dedica alla riflessione sui fatti felici o dolorosi della vita

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