La fibrosi cistica è una malattia genetica grave multiorgano e degenerativa. Parliamo di una patologia che colpisce soprattutto l’apparato respiratorio e quello digerente, ed è dovuta ad un gene alterato, cioè mutato, chiamato gene CFTR (Cystic Fibrosis Transmembrane Regulator), che determina la produzione di muco eccessivamente denso. Questo muco chiude i bronchi e porta a infezioni respiratorie ripetute.

Siamo a Magenta, nella provincia milanese dove conosciamo Elisa, 27 anni appena compiuti, che convive con la malattia dalla nascita da quando, ad un solo giorno di vita (confermato un mese dopo con l’esame del sudore) ne viene determinata e confermata la presenza “credo che i miei genitori abbiano avuto momenti di panico, anche perché negli anni ’90 non c’era tanta informazione come ora e la malattia, solo a nominarla, faceva paura ed in quegli anni era ancora chiamata mucoviscidosi”.

I primi sintomi si sono manifestati con disturbi e occlusioni intestinali ma, trattandosi di malattia degenerativa, le cose si sono complicate attaccando la funzionalità dei polmoni. A marzo del 2015 Elisa è in lista per un trapianto che arriva ad ottobre dello stesso anno, salvandole la vita poiché la nostra amica era già in coma a seguito di una “banale” (ma non per lei) influenza. Quando si risveglia le sembra di rinascere “ero senza parole” ci confessa, e dopo appena due settimane dal trapianto viene mandata a casa per riprendere la sua vita, là, dove l’aveva lasciata e guardando al futuro con occhi speranzosi.  Purtroppo, la felicità viene presto adombrata, come ci racconta Elisa “prima il rigetto acuto, rallentato e fermato per anni con la fotochemioterapia, ma poi all’inizio del 2020 una broncopolmonite, rivelatasi   successivamente covid, ha fatto peggiorare tutto il quadro polmonare e il rigetto è diventato cronico. Nel 2021 si comincia a parlare di secondo trapianto e a ottobre 2022 sono ufficialmente in lista, di nuovo…”

Ricomincia quindi il percorso che la porta a rientrare nelle liste d’attesa. Un percorso che lei conosce bene, fatto di ansia, timore e attese vivendo come dentro una roulette russa quotidiana. Qualcosa però si smuove: nella notte dell’otto marzo di quest’anno riceve una telefonata dal policlinico in cui le viene comunicato che sono arrivati gli organi. Giusto il tempo di realizzare, alzarsi e vestirsi ed ecco che la nostra amica arriva in ospedale, col compagno Luca ed i genitori. Sale l’adrenalina, sale l’impazienza e la speranza di ritornare a respirare mentre le fanno una radiografia preoperatoria. Purtroppo, tutte queste belle emozioni subiscono un crollo improvviso quando un infermiere dell’equipe operatoria le comunica che i polmoni donati, hanno il covid. Elisa si richiude nel suo guscio protettivo per metabolizzare, ancora una volta…

Ma la vita continua ed Elisa, che non ha mai smesso di sperare, a ottobre scorso è andata a convivere nella campagna magentina col suo Luca che la supporta e la conforta nei momenti di fragilità. Lavora come segretaria ma il suo sogno è quello di aprire un B&B con annessa fattoria didattica per aiutare ragazzi disabili, praticando la pet therapy. Ha ricominciato a studiare per approfondire tecniche di realizzazione e metodologie operative per essere utile al prossimo e vedere star meglio chi è nato più fragile ed indifeso di altri.

Chiedo ad Elisa cosa pensa delle persone che vedono nella donazione degli organi, la privazione della speranza di vita “purtroppo c’è ancora pochissima informazione e la gente si trova difronte alla scelta solo in momenti estremi in cui anche la stabilità psichica è alterata da una prospettiva di vita o di morte. Bisogna coltivare la cultura del dono e della donazione degli organi perché è veramente gratificante pensare che anche una piccola parte del corpo donata, può ridare vita e speranza”.

Saluto Elisa che nonostante il fiatone è riuscita a regalarmi un bellissimo scambio di sensazioni ed emozioni. Quelle che mi sono rimaste e che terrò accanto a me strette strette, sono la sua grinta e la sua voglia di vivere che mi auguro le permangano per sempre!

Grazie Elisa, buona vita!

Stefania Ingino

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