Irene è la mamma di Jo e ha fondato un comitato, “I sogni di Jo”, nato per aiutare la sua bambina e tutti i bambini speciali come lei. Jo ha quasi 6 anni e in questo momento si trova in Florida per realizzare un sogno: camminare.

Jo con mamma Irene
Jo con mamma Irene

Jo è una bambina speciale e la sua mamma, Irene, e il suo babbo, Luca, sono speciali quanto lei.

” Jo è nata a Pisa, nel 2017, con un’agenesia tibiale bilaterale, emispondilia e ipoplasia femorale. Ma attenzione, non è la malattia che la identifica. Jo è una bambina solare, testarda e forte, curiosa; le piacciono molto la musica, la pittura, la scultura ed ogni attività manuale. Da grande vuole fare due lavori: dice che non avrà problemi perché nel fine settimana farà la pasticciera, mentre il resto della settimana sarà un dottore, perché vuole insegnare a camminare ai bambini che sono nati come lei, come fa il dottor Paley.”

Incontriamo mamma Irene nel mondo virtuale delle chat perché ora tutta la famiglia è in Florida dove Jo è stata sottoposta all’ennesimo intervento chirurgico che le permetterà di camminare. Irene risponde alle mie domande, convinta che raccontare la loro storia aiuterà chi sembra non avere speranze come successe a lei sei anni fa.

Ho letto che, già durante la gravidanza, hai avuto qualche preoccupazione. Che cosa ha significato per te trascorrere quei mesi, sapendo che Jo avrebbe avuto problemi?

Intorno al quinto mese di gravidanza hanno scoperto che qualcosa non andava a livello della gamba destra. I medici non capivano bene di cosa si trattasse, pensavano che la gamba fosse nettamente più corta dell’altra. Sono iniziate una serie interminabile di visite ed ecografie. Non potrò mai raccontare di aver avuto una bella gravidanza: la mia è stata una scalata continua attraverso scelte importanti e persone che ci giudicavano per la nostra scelta di dare comunque la vita a nostra figlia. Scegliere la vita per Jo non è stata una scelta fatta a cuor leggero. È stata una decisione, dolorosa e ponderata, frutto di un confronto fra di noi.”

Avete incontrato la solidarietà delle persone?

In realtà, mentre noi soffrivamo per la decisione che eravamo chiamati a prendere, molte persone, invece di mostrarci solidarietà, ci ricoprivano di insulti, accusandoci di essere superficiali ed egoisti per aver deciso di portare a termine la gravidanza e fare aprire gli occhi di Jo alla vita.”

Questo è davvero impensabile! E voi?

Da quando abbiamo saputo della malformazione di Jo, abbiamo iniziato a cercare ovunque famiglie con il medesimo problema e notizie su centri medici specializzati, ma 6 anni fa su internet non si trovava davvero niente. All’inizio, le prime visite a cui sottoponemmo Jo diedero esito negativo. Poi, improvvisamente, si sono concatenati una serie di eventi che hanno cambiato le sorti di Jo.”

Che cosa è successo, esattamente?

I medici che incontravo mi continuavano a dire che era necessario amputare le gambe di Jo: in Italia non si applica una metodologia conservatrice per cui non esisteva alternativa all’amputazione delle gambe. Noi però cercavamo in ogni direzione per capire se quella fosse davvero l’unica strada percorribile. Poi un giorno è accaduto l’impensabile: la mamma di un ragazzino a cui avevo fatto ripetizioni aveva appena partorito e aveva incontrato una mamma, la cui bimba, che era in terapia intensiva con la sua, aveva la stessa malformazione di Jo. Mi suggerí di contattarla. Mentre cercavo il contatto con lei, mi apparve on line la storia di B., un bambino polacco con entrambe le gambine come quelle della mia cucciola. Scrissi alla sua mamma e lei mi diede il contatto del dottor Paley che stava seguendo suo figlio.”

Il piccolo B. aveva quindi ricevuto le stesse diagnosi?

“Sì, e la sua mamma mi invitò a tenere duro. Mi disse che mi capiva e che anche lei, inizialmente, aveva ricevuto, dai medici che avevano visitato il suo bambino, le stesse risposte che avevo ricevuto io. Ma insistette affinché noi rifiutassimo di far amputare le gambe a Jo. Mi invitò a non arrendermi perché c’era un medico che poteva salvare gli arti inferiori di mia figlia. Quel medico era il dottor Paley.”

Ma Jo, come reagiva alla sua disabilità?

Jo ha sempre avuto un grande, enorme problema: non poter camminare. Ha provato a farlo continuamente, sin dai 6/7 mesi, senza successo ovviamente. Ma lei non si arrendeva: provava e riprovava. I medici dicevano che questo desiderio di Jo era assolutamente positivo, perché significava che la bambina aveva conservato l’istinto naturale a mettersi in piedi. Oggi sono sicura che se non lo avesse avuto sarebbe stato tutto molto più complicato; invece, pur di stare in piedi, avrebbe affrontato qualsiasi difficoltà.”

Oltre a cercare una soluzione alternativa rispetto a quella prospettata dai medici in Italia, in che modo cercavate di aiutare la piccola?

Abbiamo iniziato, sin dalla sua nascita, con la fisioterapia, le fasce, i gessi, i tutori. E le raccontavo, e le racconto tutto, sempre, passo dopo passo. Ho scelto la via difficile della verità, ma così ora Jo si fida di me, perché non le ho mai raccontato una bugia. E collabora ogni volta che è necessario farlo. È consapevole e lotta.”

E nel frattempo, saputo dell’esistenza del Paley Institute, avete contattato il chirurgo per sapere se fosse possibile aiutare Jo, come aveva fatto con B.?

Scrissi al dottor Paley, inviandogli tutta la cartella clinica. Trascorsi i due giorni successivi in uno stato di trepidazione: speravo che la risposta fosse positiva, ma sapevo che poteva anche non esserlo. Ricevetti il responso del dottor Paley mentre ero a guardare il mare. Erano poche parole: “sono in grado di salvare entrambe le gambe di tua figlia”. Erano poche parole, ma quelle che ci restituivano la speranza: piansi. E poi presi appuntamento per fare visitare Jo dal dottor Paley in Polonia.”

Quindi, raggiungeste la Polonia?

“Sì, ci recammo in Polonia e Paley ci confermò che avrebbe potuto salvare entrambe le gambe della bambina, illustrandoci il percorso da intraprendere, sottolineando come esso sarebbe stato sicuramente difficile. Una volta rientrati, il dottor Paley ci inviò il preventivo per la prima serie di interventi. Ammontava a circa un milione di euro. Era una cifra enorme, anche se in parte coperto dalla Paley Fondation. A carico nostro restava una cifra di circa 270.000 euro da coprire, inferiore al milione, ma pur sempre importante.”

Immagino il senso di frustrazione…

In realtà non ci siamo persi d’animo. Al rientro dalla Polonia parlammo con diverse persone e iniziammo a pensare a come raccogliere fondi per aiutare Jo. Una mamma, che era nella nostra stessa situazione, ci suggerí di costituire un comitato per essere completamente in regola nel gestire finanze e fondi. Questo significava andare da commercialista e dal notaio, ma era importante che i nostri fondi privati non si confondessero con quelli raccolti per aiutare Jo, e non solo.”

Che cosa intendi dire con “non solo”?

Nello statuto abbiamo indicato che il comitato “I sogni di Jo” nasceva per aiutare Jo, ma anche altre famiglie che si trovavano nella stessa nostra situazione. Inoltre stabilimmo di portare in Italia tutto quel sapere scientifico. Così, i fondi raccolti non solo sono serviti per aiutare Jo, ma anche Kevin, Giovanni, mamma Sara, e tanti altri. Inoltre lo scorso marzo un fisioterapista toscano si è formato, grazie ai fondi raccolti, presso il Paley care, con tanto di certificazione e, oggi, può affrontare la fisioterapia completa dei casi complessi come quello della mia bambina.”

All’inizio eravate soli, ma ora mi pare di capire che intorno a voi si sia realizzata una fitta rete di solidarietà. Che cosa ha significato per Jo la presenza di queste persone?

C’è voluto un immenso lavoro per far capire alle persone che questa è una storia reale. Un ruolo di grande importanza ha svolto il quotidiano LA NAZIONE che ha prestato la sua voce alla piccola Jo, raccontandone da anni l’esperienza. Siamo stati però molto fortunati anche perché, lavorando nel settore dello spettacolo, personaggi famosi come Bocelli, Aspidi, Insinna, i ragazzi de IL VOLO, Michele Torpedine, e molti altri, ci sono venuti in aiuto, mettendoci la faccia e regalandoci il loro tempo e la loro arte. Abbiamo così, pian piano, trovato persone di ogni età che hanno iniziato ad interessarsi alle sorti di Jo e a volerci bene. La nostra cittadina, Tirrenia, si è unita per aiutare la mia piccolina. Abbiamo sempre cercato di essere grati e di rispondere a ogni domanda che ci era posta. Oggi ci sentiamo una grande immensa famiglia, piena di amore e buoni propositi. Jo è contenta: è cresciuta in questo clima sereno e sorridente. Le persone la salutano, giocano con lei e questo la rende super felice. È un piccolo, immenso mondo, fatto di storie diverse tra loro, che si uniscono attraverso un bene comune: l’amore per la vita.”

E cosa significa per mamma Irene, la presidente del comitato “I sogni di Jo”, vivere attorniata da tanta solidarietà?

Trovo bellissimo il rapporto che abbiamo instaurato con le persone. Mi piace moltissimo essere un cardine per loro, poter regalare positività ed ascoltare le storie di ognuno.

Torniamo a Jo. Che interventi ha subito e come sta ora?

Jo ha subito più interventi. I primi sono serviti a ricostruire le gambe di Jo. Con gli ultimi, invece, sono stato tolti i ferri interni ed è stato messo un fissatore esterno alla gamba destra per allungarla di 9 centimetri. Ora siamo qui in Florida e continua con le sue terapie. Ma vediamo la luce già dentro il tunnel.”

Irene, per concludere questa nostra chiacchierata virtuale, cosa ti senti di suggerire ai genitori di bambini che stanno attraversando un’odissea come quella che hai vissuto tu?

Ci sono tante cose che vorrei dire, tante emozioni che vorrei comunicare e moltissime ferite che vorrei rendere loro meno dolorose. Tra tutte ne scelgo due. La prima è che io sono qui, con la mia storia, la mia esperienza ed il mio cuore, a disposizione di tutti coloro che volessero aiuto per la loro situazione. Non sono soli: il comitato ha una pagina fb, “i sogni di Jo” tramite la quale possono mettersi in contatto con noi. La seconda, è più importante. Non fermatevi alla prima risposta, andate avanti e seguite l’istinto.  A gennaio, sempre grazie alle nostre battaglie, un chirurgo dalla Toscana partirà alla volta della Florida per formarsi in sala operatoria con il dottor Paley. Sono piccoli passi importanti come quelli che fa ogni giorno Jo che ora, a dispetto di tutto, cammina”.

Per concludere, possiamo dunque affermare che Jo ha realizzato il suo sogno?

Possiamo dire che lo sta realizzando perché quello che sta vivendo era inimmaginabile sei anni fa. Invece Jo cammina e, nel frattempo, ha conosciuto tante persone, persino personaggi famosi, che ha amato e che sono diventati parte di noi, del nostro quotidiano. Per lei nessuno è diverso, siamo tutti identici.”

La strada perché Jo possa vedere realizzato il suo sogno di camminare è ancora in parte da percorrere, ma ormai è stata intrapresa. E il successo di questa bimba pisana, che ama ridere, cantare e giocare, rappresenta la speranza anche per tutti gli altri che soffrono della sua stessa patologia e, finora, sembrava avessero poche speranze per riuscire a muovere i loro primi passi.

Marina Berti

 

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