Tutti a fare l’orto: gli anziani della casa di riposo “Emmaus” ed i bambini del nido L’Isola che non c’e. Dalla terra alla tavola.

Le mani “sporche” di terra (sporche messo tra virgolette perchè la terra non sporca ma pulisce il cuore e insegna i cicli vitali).

I più anziani, in molti, vengono dalla terra e da vita trascorsa in campagna o, comunque, facendo l’orto anche per mettere cibo in tavola in epoche difficili e lontane. Molti di loro, ospiti della Casa di Accoglienza Emmaus (gestita dalla cooperativa omonima che fa parte del Consorzio Archè) hanno vissuto con le stagioni che si scandivano con i ritmi della terra e della campagna e quindi, della vita. Hanno vissuto, molti, camminando sulla terra rispettandola, odorandone il profumo che emana quando alzi la testa dopo averla lavorata.

Poi la vita cambia e porta a quasi scordare quei colori, odori, quei passi su quella terra che ci fa da madre. Ma ecco che il personale di Emmaus ha avuto l’idea di creare un orto con la collaborazione degli ospiti per far ritrovare loro quel contatto per farli immergere le mani e tornare a preservarla. E tutti si sono ritrovati a guardare al cielo perché è importante che piova affinchè le piante crescano, e poi il sole, per dare sapore agli ortaggi.

E l’orto è cresciuto e mannaggia quanto è buono il pesto fatto col basilico “di casa”. Ritrovare la soddisfazione del produrre consumare.

Lo stesso intento è stato quello messo in atto dagli operatori dell’asilo “L’isola che non c’è” (gestito dalla cooperativa sociale Comunità e Persona Infanzia, sempre del gruppo Archè) che hanno “insegnato” ai piccoli l’importanza (e il fascino) del creare l’orto. Perché ai bambini di oggi il valore della terra e di quanto ci può dare va tramandato vivendo, per lo più, in città.

La struttura “Isola che non c’è” è un polo educativo che va da 0 a 6anni e l’educazione all’aperto riveste, nei metodi di insegnamento, un ruolo di primaria importanza. Questo orto ha permesso ai bambini di essere protagonisti di ogni processo: dalla semina, alla cura delle piantine(annaffiando e togliendo le erbacce), alla raccolta.

A che cosa serve avere un orto, oltre a imparare e divertirsi, lo hanno poi scoperto a tavola perché avendo la struttura una cucina interna il raccolto è arrivato direttamente sulle loro tavole.

E così, grandi e piccoli, hanno iniziato o ri-iniziato a nutrirsi di questo prezioso dono che va preservato. Se lo custodiremo e ne avremo rispetto ci darà i suoi frutti. E che sapore!

Maura Martellucci

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