Riceviamo e pubblichiamo una bellissima pagina di un ideale diario. Quello di “una mamma divorziata”.

Sono andati via da qualche minuto,  il loro profumo nell’aria, le scarpe lasciate disordinatamente all’ingresso, il libro di storia dimenticato sul letto perennemente disfatto.

Mi fermo, per la prima volta, in questa ennesima giornata frenetica e mi chiedo: esisterà mai un momento in cui vedrò i miei figli, di spalle, allontanarsi da me, con la borsa pronta per il fine settimana con il  padre senza provare l’acuto senso di colpa per averli fatti diventare nomadi a casa loro, sempre a fare e disfare valigie, dimenticare indumenti e libri nell’una o nell’altra casa..? Esisterà mai quel momento in cui guarderò quei profili sparire in lontananza senza sentirmi vuota, già in apnea senza il loro baccano, le corse per casa e le urla improvvise?

Oggi è venerdi e come ogni venerdì dispari del mese gli ho preparato una valigia con il cambio per il fine settimana, il borsone del calcio perchè hanno la partita e non passeranno da casa e una ricca scorta di raccomandazioni e di baci. L’ansia è la mia, non la loro.

Per loro questa è la normalità. Avevano quattro anni quando io e il loro papà ci siamo separati. Un’immagine fotografata nella mia mente quella di loro due, piccoli e smarriti, che tenendosi per mano uscivano di casa con una borsa più grande di loro e un sorriso forzato solo per rassicurare me.

Sono passati anni da quella sera eppure ogni volta, ogni singola volta che lui arriva e li porta via con sè per me è un pò come rielaborare un distacco primitivo, insanabile.

Eppure manco di tempo perennemente per me stessa e per la mia nuova vita e potrei, anzi dovrei, approfittarne. Invece sono quì, nel silenzio di questa casa vuota a scrivere di loro.

Lentamente l’immagine dei loro corpi che si allontanano vicini si offusca, sbiadisce, fa meno male e lascia  spazio ai pensieri, quelli che feriscono anche sottovoce. Sento urgentemente il bisogno di chiedere loro scusa. Sono venuti al mondo nel momento più delicato della mia vita, sicuramente quello meno indicato.

Hanno conosciuto  una donna che prima di sentirsi mamma ne ha impiegato di tempo. Ho cominciato a farlo appena ho compreso che amare loro non significava amare meno il loro fratello, Lorenzo.

Non è vero che per istinto si diventa mamme. Non lo è stato per me. Nei primi mesi di vita hanno dovuto fare i conti con una mamma sfinita, senza energie, rapita da un dolore disumano, che  tenevo vivo, coltivandolo, nella paura di perdere l’unica cosa che mi legava indissolubilmente a lui, il ricordo.

Esiste un momento preciso in cui si tocca il fondo. Io per loro due ho scelto di risalire. E dal punto più basso in cui mi sono trovata è iniziata la nostra vita insieme, tenendoci per mano, nelle tante salite e nelle rare discese ma “sempre insieme noi tre”, come il nostro gruppo whatsapp.

In questo pomeriggio di pensieri e di pioggia devo chiedere loro scusa anche per non essere riuscita a tenere unita la nostra famiglia.

Mi ero ostinata a calzare un paio di scarpe fortemente volute, anche se scomode, che facevano male,troppo male, e ho dovuto trovare il coraggio di separarmene. I miei piedi sono rimasti feriti  ma ne hanno pagato il prezzo, inevitabilmente anche, e forse soprattutto, loro due. Siamo cresciuti insieme noi tre, tra febbroni, corse al pronto soccorso, traslochi programmati, abitudini stravolte, nottate avvinghiati  in un letto troppo piccolo, pianti disperati, i miei e risate smisurate,  le loro.

Ci vuole coraggio e noi l’abbiamo avuto. Noi l’avremo. Grazie ragazzi, spero di essere riuscita a darvi radici importanti e mi impegnerò ad insegnarvi ad aprire le ali, per volare lontano, anche da me. E questa volta, vedendovi andare via, prometto di non piangere.

Valentina Cappelli

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