Oggi celebriamo la donna e scrivere qualcosa in tal senso mi è apparso subito molto difficile. Sin dai tempi di Freud la psicoanalisi, e la psicologia tutta, se ne sono occupati e tanto ci sarebbe ancora da fare e da dire.

Del resto, come ha spiega Janigro (2022) «Madri sorelle nonne nipoti mogli amanti compagne d’amore. La relazione insegue e accompagna il femminile nello spazio domestico e in quello pubblico…Il femminile si compone e si scompone, aderisce a svanisce, sempre sfuggente, eppure mimetico. Svelarsi rivelarsi velarsi sparire: trovare il proprio posto è ancora la meta.» Onde evitare un “fritto misto” o qualcosa di eccessivamente riduttivo ho pensato di lasciare lo spazio di questo mio scritto alla storia di una grande donna (molto amata da chi scrive con me questo pezzo) e ad alcune riflessioni su di essa.

Vi aspetta quindi la storia di Camille Claudel (1864-1943).

«Me ne innamorai per la sua storia e la sua tristezza in quei occhi che cercavano solo un po’ di affetto. Se fosse nata nella nostra epoca avrebbe avuto più valore alle sue opere e capacità artistiche. Mi sarebbe piaciuto conoscerla. Donna forte ma al tempo stesso sempre alla ricerca di quel affetto negato da chi doveva veramente amarla per quello che era un genio delle sculture e, soprattutto, come DONNA. Decisi di portarla all’esame per non dimenticarla doveva essere ricordata e sempre lo sarà. Non è solo per Camille ma per tutte quelle donne che si sono annullate per l’amore di un uomo e di aver pagato il prezzo più alto. L’essere Donna. La genialità di Camille una sorta di dono divino per lei ma pagato a caro prezzo.».

La biografia dell’artista è lunga e articolata (Rosenberger & Petrelli, 2022; Fabbri, 2023). Nata in Francia l’8 dicembre del 1864 è ciò che in psicologia viene chiamato “figlio sostitutivo”: fortemente voluta dalla mamma Louise Athanaïse Cécile Cerveaux e dal padre Louis Prosper, per “rimpiazzare” la prematura scomparsa del fratello a soli 16 mesi di vita. La sua colpa di essere Donna non riuscirà mai a colmare e ridare a sua madre ciò che ha perso. Anche se Madame Claudel dopo 4 anni avrà anche l’atteso e tanto voluto figlio maschio, il rapporto con Camille non si placherà mai più, e sarà sempre più conflittuale.

Camille fin dall’età di 6 anni ha dimostrato di avere un talento cristallino e una vera passione e capacità artistica senza eguali iniziando a plasmare l’argilla, in modo tecnicamente sorprendente per la sua età. Con l’aiuto del padre ma contro ogni volontà della madre (che non accettava che una donna facesse il lavoro che sarebbe solo per uomini), Camille inizia la sua vita artistica nell’accademia Colarossi seguendo lezioni di grandi maestri. Tra questi anche Auguste Rodin: artista quarantenne già affermato sia in Francia che oltre i confini nazionali. Proprio di lui diventa, prima, la musa ispiratrice, poi, l’amante. Il legame fra Camille e Rodin va oltre la sfera professionale.

Tra di loro nasce una storia d’amore viscerale e profonda e resa difficile per la differenza di età e dalla relazione dell’altra donna da cui l’uomo ha avuto un figlio. Come se ciò non bastasse, Rodine in Camille inizia a trovare una degna rivale nell’arte: la paura che suscitava la bravura di lei lo portò a costringere la giovane artista-amante, con una promessa, a rimanere sempre legata a lui. Lei persa, innamorata cerca in lui quell’affetto che non ha mai avuto (soprattutto dalla madre) annientandosi definitivamente tanto da non vedere che lui la usava arrivando a firmare le opere di lei con nome Rodin.

Con il tempo per Rodin – che non poteva rovinare la sua carriera per un amante – la relazione con Camille divenne “scomoda” tanto da troncarla. Ciò fece piombare Camille, in un incubo da cui non è più uscita. Data anche la morte del padre (l’unico altro affetto percepito dall’artista), Camille cadde in una spirare di depressione in conseguenza alla quale – per decisione della madre e del fratello – fu rinchiusa in manicomio. Ed è proprio lì che finirà la sua vita, fra le quattro mura di un posto sconosciuto da lei, dove non c’è nessuno calore di una fiamma accesa e nemmeno quello umano. Nella stanza incomincia con quel poco che ha a scrivere lettere indirizzare a sua madre e a suo fratello per fagli capire che non è una “pazza” che vorrebbe tornare a casa. Ma di loro nessuna visita né di una risposta per almeno 30 anni.

Ammetto che non conoscevo questa storia ma, di getto, mi è venuto da pensare ai ruoli, alle funzioni materne/femminili e paterne/maschili (Crocetti, 2012). Infatti, per come la vedo io, per Camille, questi più che fungere (come dovrebbe essere) da “guida” sono divenuti “il suo castigo”. Forse, purtroppo, sempre a mio parere è stata vittima di un pregiudizio, più o meno comune, secondo cui la creatività era vista a patologia. Noi sappiamo invece (Carotenuto, 1980) che non è la patologia a rendere creativa una persona: quindi non possiamo spiegare una produzione artistica attraverso la patologia personale dell’artista.

Camille, quindi, donna dalla vita complessa veramente può essere un esempio per come ha subito e vissuto e “forse pagato” il suo essere donna: ma oggi se io e Katy siamo qua a parlare o a riflettere su di Lei un segno importante lo ha sicuramente lasciato, un segno da cui imparare e prendere spunto…. aggiungerei!!

Cristina Rigacci e Katy Prosperi

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