Manca poco più di un mese al fatidico esame di maturità e migliaia di studenti si stanno preparando per quello che è forse uno degli scalini più “tosti” (per dirla in gergo giovanile) della loro adolescenza.

 

Dopo la fine del periodo buio della pandemia, l’esame più temuto dai diciottenni è tornato alla normalità anche se da loro punto di vista, e nonostante tutte le informazioni che girano in rete e le esperienze di amici che ci sono già passati, è pur sempre un passaggio all’età adulta con tutte le responsabilità che ne conseguono.

La scelta se proseguire con un percorso di studi specifico vedendo così realizzato il desiderio “finalmente posso studiare solo quello che mi piace” o intraprendere un percorso lavorativo o addirittura prendersi un periodo di pausa in cui riflettere e fare scelte ponderate e meglio ragionate, non è così scontata e semplice.

 

Come riportato da Rinella (2023) la maturità oltre ad essere una prova importante chiude un ciclo della propria vita, quello di studente delle superiori, pone il giovane di fronte a un cambiamento, a una scelta sul futuro che egli sente o può sentire ancora come un qualcosa da costruire. Quindi, l’esame di maturità più o meno consciamente va a rappresentare e simboleggiare il passaggio dalla posizione di figlio-studente a quella di inizio delle scelte che faranno il nostro destino ed esso sancisce, di fatto, la conclusione di un primo tempo della formazione (l’infanzia) contraddistinta da una terra certa che lascia il posto all’instabilità avventurosa del mare (la giovinezza) (Messere; 2023). Ogni studente che si trova, o si troverà, di fronte a quei docenti pronti a sostenerlo, ma anche a giudicarlo, dovrà fare i conti, e esprimere se stesso e, per farlo, deve potersi assumere davvero il piacere rischio della propria mente che è, appunto, uno tra i compiti evolutivi che in adolescenza ognuno di noi porta – o dovrebbe portare – a compimento (Crocetti et al, 2022). Dover prendere la parola in prima persona di fronte ad un Altro può far risuonare, più o meno consapevolmente, una domanda dentro: sono davvero autorizzato (e da chi) a parlare a mio nome? …e in tutto ciò c’è sempre il rischio del crollo, come dell’ebbrezza della libertà (Messere, 2023). Del resto, già Lacan (1974) teorizzava che ogni volta che il soggetto è chiamato a rispondere con la propria parola ad un appello simbolico dell’Altro (un matrimonio, un parto, una nomina professionale rilevante ecc, ecc,) c’è sempre il rischio di cadere, di frantumarsi.

A mio parere, il giovane maturando è un po’ come se dovesse fare il primo viaggio per e con sé stesso: prendendosi per mano, con uno sguardo a quel mondo infantile da cui si sta allontanando per raggiungere nuove mete e nuovi obiettivi dove forse si sentirà solo; dovrà, appunto rischiare ma sicuramente troverà un piacere (non è un caso se si parla di piaceri/rischio, no?!?) e il gioco vale comunque la candela, almeno per come la vedo io! “Se si vuole andare avanti devi perdere l’equilibrio per un attimo” (Massimo Gramellini).

Paure e preoccupazioni quindi più che legittime con un ma: la possibilità di ricordare che è si un viaggio ma forse (e si spera) solo il primo di molti e sicuramente non quello che cambierà o determinerà il futuro. Quest’ultimo, sempre per come la penso io, è ben lontano dall’essere definito e definibile sulla base del solo esame di maturità.

Sentiamo oggi il parere di Benedetta, prossima alla maturità alla quale chiediamo quali sono le paure che emergono “è certamente un passo importante amplificato dalla reputazione che la difficoltà di questa prova porta con sé; l’appoggio degli insegnanti che ci sostengono psicologicamente e praticamente dandoci la possibilità di affrontare nel miglior modo un evento così formativo, è di grande conforto. Ci offrono ore supplementari per approfondimenti mirati al miglioramento delle nostre prestazioni e questo ci dà fiducia e la consapevolezza di non essere soli”.

Quali sono i progetti per il tuo domani? “viviamo continuamente un conflitto interno se scegliere un percorso inseguendo i nostri veri interessi e le nostre passioni portandoci magari ad un futuro incerto, oppure fare una scelta consapevole che ci guidi verso una garanzia lavorativa ed una stabilità economica. Va da sé che alcuni di noi tentennano sulla scelta, tanto da necessitare di un periodo sabbatico e riflessivo in cui riordinare le proprie idee per intraprendere con più consapevolezza la propria strada”.

Auspico in una società che apra sempre di più le porte a noi giovani – mi confida Benedetta – senza tanti pregiudizi che spesso sentiamo sulle nostre spalle e che pesano come zaini carichi di pietre… Vorremmo solo che ci venisse data la fiducia che meritiamo e la possibilità di imparare e crescere insieme, in quanto futuri cittadini del domani!”.

Lo stesso augurio arriva dalla redazione a tutti i giovani impegnati in questo periodo estremamente importante ma che, ne siamo certi, porterà loro gioie e soddisfazioni. E naturalmente, col senno di poi, sarà per tutti loro un ricordo indimenticabile!

Stefania Ingino e Cristina Rigacci (psicologa e psicoterapeuta)

 

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