Ci sono quelle insegnanti che ti rimangono nel cuore, che non dimentichi mai. Quelle persone capaci di darti il vero senso della cultura, l’essenza della socializzazione scolastica. Io ricordo un professore di matematica: un uomo di altri tempi, di bassa statura ma di grandi valori umani. Sono passati 30 anni ma, se penso alla “buona scuola”, penso a lui.
Penseranno a lei gli studenti della scuola media di Castiglione d’Orcia bellissimo paese nella provincia di Siena. Lei e’ la professoressa Paola De Grazia e loro sono i suoi ragazzi: fanciulle e fanciulli dai 12 ai 14 anni. L’anno scolastico e’ finito, lei già sa che cambierà scuola.
Oggi li ha salutati con queste parole:
“L’anno scolastico è finito ed assieme ad esso anche qualcosa di molto più grande e importante. Tutto questo affetto fa sempre bene all’anima ed arriva da chi meno te lo aspetti.
I ragazzi sono pieni di energia, di forza vitale che toglie energie fisiche, ma dona energie mentali per procedere e salvarti le giornate.
Certe parole così importanti non te le aspetti da un/una neo-adolescente, eppure in questo anno ho appreso che loro sono molto più capaci di noi adulti ad andare oltre, senza muri”.
La prof e’ emozionata, il suo monologo corre sulle corde dell’emotività:
“Dal gioco del telefono senza filo è arrivata la frase, scandita perfettamente come un messaggio non modificabile “non se ne vada”, è rimbombata fino agli ultimi abbracci, tra le lacrime di alcune studentesse. “Non se ne vada, prof, La prego”, “prof, posso venire con Lei, mi metto nel bagagliaio”, “facciamo la Dad”, “prof, mi mancherà moltissimo, Lei è bellissima”. Non si regge l’emozione dinnanzi ai loro occhi lucidi e immensi, non si contiene di fronte al lungo abbraccio di un ragazzino, durato un’eternità, quell’abbraccio che forse ha racchiuso l’affetto celato in questi mesi. “Prof, io le vorrei dare tanti abbracci, ma basta uno, sennò poi piango”.
