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In occasione della giornata nazionale dei disturbi alimentari, ci scrive Noemi Perosillo che, dopo anni di sofferenza e di silenzio, ha compreso che alla sua malattia doveva solo dare accoglienza e trasformarla in una risorsa di vita di cui parlare senza alcuna vergogna per riprendere finalmente la sua vita in mano, con lo sguardo verso il futuro. Ecco la sua storia.

Grazie al mio disturbo alimentare posso dire di avercela fatta: probabilmente senza quella “Cosa”, ora, non sarei qui. Quando ci sei dentro sembra impossibile uscirne, perché quegli schemi, le tabelle, gli orari e i pensieri sono così totalizzanti da annientare tutto ciò che esula da cibo, peso e corpo. È il caos, dentro e fuori

Mi chiamo Noemi e sono una dietista. Due anni fa mi sono laureata discutendo una tesi che ho scritto a mani instabili, vacillante tra i ricordi, il dolore e la soddisfazione di poter dire che sì, sono guaritaMi chiedevo di continuo se quell’inferno sarebbe mai finito… Se sarebbe mai arrivato il giorno in cui sarei riuscita a comprare qualcosa dagli scaffali del supermercato senza controllare ossessivamente l’etichetta dei valori nutrizionali o in cui avrei smesso di contare mentalmente le kcal di ogni singolo pasto. Mi chiedevo come sarebbe andata dopo, chi sarei diventata, ma soprattutto, come? 

Nel pieno del mio disturbo mi sentivo totalmente impotente, schiacciata e sottomessa da quel parassita, ma non riuscivo a comprendere perché, in fondo, fossi d’accordo con quella condizione. Era un po’ come se lo meritassi, di stare male…  Come se quello fosse il mio destino, come se ormai non ci fosse altra via d’uscita. 

Ero confusa, scissa in due parti contrapposte e in continua lotta. Ero anche tremendamente stanca e durante gli anni ho capito, con tanta fatica, che il cambiamento era necessario: ho capito che non si trattava solo di “mettere” peso, ma di recuperare: vita, sorrisi, pensieri positivi, prospettive e speranze.  Non sapevo quanto tempo ci avrei impiegato: forse sarebbe accaduto prima di quanto pensassi, forse non sarebbe mai accaduto e avrei imparato a convivere con quelle paure. 

Dovevo provare, senza darmi per vita se avessi fallito la prima, magari anche la seconda o la terza volta. Dovevo continuare a lottare, a testa alta, senza aver paura di chiedere aiuto, accettando anche i momenti negativi, le apparenti ricadute, i pianti e gli attacchi di panico.  Sapevo che il futuro avrebbe potuto riempirsi di opportunità, di nuove esperienze e di vita vera, se solo glielo avessi permesso. 

Un disturbo alimentare continuerà a pesare, forse per sempre. 

Non ti manca, ma ogni tanto ci pensi. 

Lo ritrovi inconsciamente in tutti quei gesti e situazioni che sono tornati ad essere normalità, ma che per un lungo periodo hanno creato crisi, pensieri intrusivi e totalizzanti su tutto il resto.  In tutti quei contesti di gioia e condivisione che, col disturbo, diventavano tormento. 

La guarigione è un processo in divenire che non smette mai di arricchirsi grazie a nuove esperienze e alla capacità di mettersi in gioco, rischiare, buttarsi consapevolmente all’interno delle circostanze. Ancora oggi non so darmi una risposta di come sia andata realmente. 

So che ci sono giorni in cui continuo a vincere, giorni in cui sorrido e giorni in cui mi addormento piangendo. Ma ho imparato ad abbracciarmi un po’ di più, a sussurrarmi qualche parola di conforto, anche quando quei demoni tornano a bussare e l’abisso sembra l’unico posto in cui è possibile respirare un po’.

Sei quella cicatrice che sentirò per sempre, anche se non si vede.  Ti ho trasformata in una risorsa importante per me stessa e per gli altri.  Non avrai più spazio nella mia vita, ma ci sarai.  Per godere meglio delle piccole cose. 

Un respiro, la vita.

Noemi Perosillo

Per saperne di più 

https://www.dietistanoemiperosillo.com/ 

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