Volontari della Pubblica Assistenza durante il Palio di SienaVolontari della Pubblica Assistenza durante il Palio di Siena

Analizzando i dati ricavabili da varie fonti ufficiali inerenti il territorio italiano (Meraviglia & Sensi, 2015), ma anche semplicemente guardando la nostra realtà, è innegabile che il tasso di partecipazione dei giovani alle attività volontariato è inferiore rispetto a quello degli adulti.

Ciò dispiace per molti motivi. Soprattutto perché è noto che gli adolescenti che partecipano ad attività di volontariato spontaneamente e senza costrizioni dagli adulti, hanno l’11% in meno di comportamenti illegali dai 18 ai 28 anni di età, rispetto ai teenager che non erano stati volontari. Inoltre, i soggetti che hanno fatto volontariato in adolescenza hanno anche il 31% di arresti in meno e il 39% in meno di condanne. (Bottiglieri, 2017).

Cercando di capire i motivi per questa ridotta motivazione dei giovani all’aiuto del prossimo tramite frequentazioni più o meno costanti ad organizzazioni/associazioni di volontariato, la Professoressa Marta – in un’intervista del 2016 – già metteva in luce aspetti di rilevanza non trascurabile. In primis, che sarebbe importante ripensare al modo in cui le associazioni o le organizzazioni si pongono per ritornare ad essere un polo attrattivo per i giovani. Infatti, se 15 anni fa si parlava tanto della funzione socializzante del volontariato, oggi questo ai giovani non interessa più: socializzano altrove e in altri modi.

Oggi gli adolescenti, maggiormente in difficoltà nell’incontro con la realtà e alla ricerca della propria identità soggettiva, trovano prevalentemente nel cyber-ambiente un rifugio rispetto a delusioni e/o frustrazioni a cui proprio la realtà sociale espone maggiormente (Ricchi, 2016). Pertanto, sarebbe importante che il volontariato rispondesse alla domanda di senso e di significato dei ragazzi facendo vedere loro che proprio il volontariato è un modo per tradurre gli ideali nel concreto, per far riflettere sul senso dell’azione in maniera creativa (Marta, 2016).

Inoltre, proprio perché l’adolescenza è il periodo in cui si struttura la propria identità cercando di costruire anche una nuova rete relazionale, per il giovane sarebbe importante trovare nell’adulto di riferimento (genitori in primis) una persona in grado di sostenere e motivare la propensione a mettersi in gioco  in un contesto altro diverso da quello familiare o amicale (Maderioni, 2018).

Non a caso, solo coloro che hanno avuto una base relazionale sicura possono dedicare il proprio tempo e le proprie energie nell’aiutare gli altri. Al contrario coloro che i sono abituati ad uno stile relazionale evitante riproporranno questa modalità anche nei loro rapporti con gli altri e ciò non li porterà di certo a volerli aiutare (Erez et al., 2008).

Infine è possibile rintracciare alcuni aspetti della personalità di cui potrebbe essere potenziato lo sviluppo al fine di tornare ad avere giovani più motivati al volontariato perché  predispongono l’individuo all’impegno verso il prossimo. Questi sono: l’estroversione, l’altruismo, la resilienza e l’empatia (Cnaan et al., 2010).

Cristina Rigacci 

Psicologo e Psicoterapeuta, è disabile da quando aveva sei anni. Studiosa di dinamiche psicologiche sottese ad una genitorialità difficile o resa tale per la presenza di un figlio che soffre a causa di una malattia o disturbo, ha lavorato per anni con le associazioni senesi “Sesto Senso” e “Asedo” per facilitare l’integrazione di alunni con disabilità e favorire esperienze di autonomia (housing) per un piccolo gruppo di ragazzi Down. E’ tra i soci fondatori di Codini & Occhiali.

 

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