“Ebbi la percezione che i social potevano essere un buon ausilio alla comunicazione e alla condivisione di qualcosa che entrava a far parte della nostra vita, e di cui ne sapevamo poco. Avevamo urgenza di informarci e confrontarci”. Inizia così la conversazione con Francesco Cannadoro, blogger, scrittore e professionista del web, content creator per alcuni brand, ma soprattutto voce narrante del suo Tommi, affetto da una malattia degenerativa di cui è ancora sconosciuta la diagnosi.

Tommi ha un’atrofia del cervelletto ed un ritardo psicomotorio a cui si sono aggiunte nel tempo la disfagia, la cecità e l’epilessia fino al nutrimento attraverso una peg” – dice in modo molto chiaro e coinciso Francesco – “sappiamo che quasi sicuramente sopravviveremo a Tommi, ma questo non ci ha impedito di cercare un’alternativa, un modo di reagire, anzi ha rafforzato in noi (Francesco e sua moglie Valentina) la convinzione che dovevamo fare qualcosa o – molto semplicemente – trovare il modo per informarci ed informare. Semplicemente chiedere aiuto”

È dunque questo, e siamo nel 2016, il momento in cui Francesco decide di creare un profilo Facebook in cui raccontare con una scrittura leggera la quotidianità con Tommi, le difficoltà ma anche i sorrisi. L’obiettivo social è semplice, raggiungere più persone possibili che condividano lo stesso percorso e possano confrontarsi, conoscersi ed informarsi vicendevolmente. Ed è la conoscenza, l’informazione l’anello portante di questa operazione social.

Il passaggio dal profilo Facebook e poi Instagram fino al canale You Tube è repentino e l’eco quasi inaspettato: nasce una vera e propria community di mutuo aiuto – cosi come la chiama Francesco – e si concretizza in un confronto continuo.

Le persone si raccontano, noi ci raccontiamo, condividiamo emozioni, stati d’animo, semplicemente facciamo incontrare le nostre quotidianità. E non ne sappiamo di più degli altri, ma abbiamo imparato dalla condivisione molte cose, a gestire la disabilità di Tommi e a misurarci con essa. Non sono sicuro che questo sia l’unico modo per fare qualcosa, anzi credo proprio che non lo sia, sicuramente è un’azione, un tentativo, un passo, a volte con dei cedimenti, ma fa parte del naturale processo. Sono convinto che un genitore di un figlio disabile debba essere un ausilio per il proprio figlio e non l’ennesimo handicap ed è proprio per questo che ho deciso, abbiamo deciso, di raccontarci e di accogliere, nel momento in cui è arrivata, la proposta di De Agostini di portare la storia di Tommi nelle scuole”.

Francesco è autore di due libri autobiografici, “Cuciti al cuore: Diario di un padre fortunato (Lit Edizioni Srl, 2019) in cui racconta la sua esperienza di padre “[…] Ma visto che non mi piace parlare partendo dai punti di vista per i quali non ho riscontro, lo farò partendo dal mio. Quello di un padre che si reputa fortunato […] e “Quanto mi servivi” ( (Lit Edizioni Srl, 2021) in cui si racconta da figlio e da ragazzino in una comunità per minori “ Con il senno di poi, vi dico, che proprio questa somiglianza (assistente sociale – mamma) avrebbe dovuto farmi capire che qualcosa non sarebbe proprio andato esattamente da manuale, ma all’epoca ero solo un bambino a cui mancava la mamma”, ma è con il terzo libro “Io e il drago” ( DeAgostini Editore – DeA Planeta Libri Srl, 2022) che diventa voce narrante di Tommi«Ciao, io mi chiamo Tommaso, ma tutti mi chiamano Tommi, con la “i” (non con la “y”, mi raccomando, che mio papà ci tiene tantissimo, anche se io mica l’ho capito cosa cambia). Ho sette anni e tra poco comincio la scuola, forse. Sì, lo so che di solito la scuola si comincia a sei anni, ma nella mia vita è difficile che qualcosa vada secondo le previsioni»

Francesco ci dice subito che raccontare la disabilità attraverso gli occhi di Tommi ha una finalità precisa ossia superare l’ostacolo della retorica e del pietismo con una narrazione semplice, a tratti umoristica – perché no – d’altra parte la vita per tutti è fatta di momenti di tristezza e di allegria – e raggiungere i bambini toccando temi comuni a tutti come la scuola, la paura, la felicità ma anche la malattia e l’ospedale.

La vera inclusione – ribadisco – è normalizzare la disabilità, ridurre la distanza fra il disabile e il normodotato perché vedi – mi si rivolge in modo amichevole e scherzoso – Tommi è felice, e non potrebbe essere altrimenti perché la sua percezione della vita è “la sua vita”, ha tutto ciò di cui ha bisogno, mamma e papà, cure, coccole, carezze ed anche scherzetti, burle. I suoi sono occhioni grandi ed il suo sorriso è la nostra energia quotidiana. Dovremmo semplicemente smettere di catalogare le persone, ma porre l’attenzione proprio sulla persona, che può avere le sue gioie e i suoi dolori a prescindere dalla disabilità. I caregiver non sono né supereroi né gli ultimi degli ultimi, semplicemente sono persone che vivono la loro vita. Da quando ci sono i social e le persone si raccontano, questa normalità sembra essere più percettibile”.

Il progetto nelle scuole è dunque una tappa importante in questo percorso verso la “normalizzazione della disabilità”?

“Lo è. Parlare ai bambini, come mi riesce semplicemente ed anche in modo divertente, vuol dire seminare qualcosa dove sta nascendo “qualcuno”, un uomo o una donna che può potrebbe scardinare delle “presunzioni di conoscenza”. La conoscenza è alla base di tutto e garantisce la vera inclusione. Il mio in realtà è anche un lavoro di squadra “social” che sta “rosicchiando” un di questo muro alzato da chi crede di avere conoscenza della disabilità. Ed è dunque un buon risultato”.

La narrazione di Francesco è davvero una narrazione semplice, spontanea e immediata e ci crediamo che tale giunga a chi lo segue, lo legge e lo ascolta, ma si percepisce anche altro, la serenità della consapevolezza, che non è senz’altro un processo semplice, ma – come lui stesso più volte ha ribadito – è assolutamente necessario ed è la chiave di lettura di molte storie.

“Il sorriso di Tommi” è una dinamo ed il drago avrà un bel da fare!

 

Per saperne di più

Prossime Uscite. E’ in uscita il primo romanzo “originale” di Francesco Cannadoro, non autobiografico, autoprodotto, “Come i bambini sotto il lenzuolo” in cui affronta il tema della paura, la paura di chi fugge dalla disabilità e si nasconde, appunto, sotto il lenzuolo. E’ il tentativo di raccontare, di analizzare la paura, senza giudicare un comportamento o un atteggiamento, ma provare a capire il perché. La disabilità è qualcosa che fa paura e può cambiare la vita, dipende da come la si vive.

Profili e Contatti

https://www.facebook.com/diariodiunpadrefortunato

cannadorof@gmail.com

inclasseconlautore@deagostinilibri.it per invitare Francesco Cannadoro a scuola

Filomena Cataldo

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