“Un giorno per la memoria”, edito da Homo Scrivens, è una raccolta di ventotto racconti, scritti da autori diversi, che hanno in comune il destino dei protagonisti, tutti vittime innocenti di organizzazioni criminali come mafia, camorra e ‘ndragheda.

La raccolta è curata dalla giornalista napoletana Anna Copertino che ha individuato autori, sia tra professionisti della scrittura sia tra i parenti, che hanno accettato di testimoniare le esperienze di vita e di morte di queste persone, per onorarne la memoria.

E proprio la memoria è filo conduttore e obiettivo di questo lavoro antologico perché, come scrive il giudice Raffaele Cantone, nell’introduzione all’opera, “L’unica cosa che le mafie proprio non tollerano è la memoria…”.

Però questa raccolta non è una Spoon River; si tratta piuttosto di una galleria di esistenze di persone reali, vive, che, grazie alla scrittura, rimangono eterne e la cui fine è una vera e propria denuncia delle atrocità commesse da organizzazioni criminali che le hanno uccise facendo irruzione nelle loro esistenze di persone comuni, in momenti consueti di una vita normale.

La stesura dei racconti è affidata ad autorevoli scrittori, ma anche a parenti delle vittime stesse: tutti si sono fatti carico di narrare momenti della vita quotidiana interrotta brutalmente da un sistema criminale che non distingue e non risparmia neppure i bambini e gli adolescenti come Simonetta Lamberti o Annalisa Durante, né giovani uomini come Gianluca Cimminiello, un tatuatore ucciso per una foto su facebook.

Dopo aver letto ogni racconto, il lettore è “costretto” a prendere posizione, a non voltarsi dall’altra perché farlo significherebbe uccidere una seconda volta i protagonisti e, con loro, le famiglie, gli amici, coloro che dal giorno in cui essi hanno perso la vita non hanno più potuto essere come prima, dovendo convivere con un dolore sordo e incomprensibile.

Ogni racconto è un episodio narrato in poche pagine; ogni autore scrive secondo il suo stile, ma ognuno in modo talmente efficace da rapire il lettore e trascinarlo nella realtà di un tragico momento, più o meno lontano nel tempo, ma tremendamente attuale.

Ogni storia ha un finale crudele, ma è chiaro, fin dalla lettura del primo racconto, che chi ha scritto la vicenda lo ha fatto per prendere il testimone dell’esistenza del protagonista e tramandarlo ai lettori, in un progetto che va al di là della pietà per i singoli, per le famiglie, e diventa denuncia forte di un sistema da combattere.

Marina Berti

 

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