Paola moglie di AndreaPaola moglie di Andrea

Quel dicembre, secondo Andrea fu memorabile.

Non capitò nulla di eccezionale, non ci furono eventi particolari, indimenticabili.

Sì, è vero, ci fu quella gita nella Tuscia con tutta la famiglia riunita (almeno quello che ne restava) che fu ricca di rapporti e riflessioni. Anche la tradizione natalizia di Toiano con tutta la sua liturgia consistente nel precisare il numero dei partecipanti a quelle enormi tavolate, nel preparare, cucinare, dare i posti a tavola e tante altre operazioni, poi organizzare tombole e mercanti in fiera, fu rispettata in pieno.

Ma quello che colpì l’attenzione di Andrea, che dava importanza (forse troppa?) alle parole, fu l’esordio tra di loro di alcune espressioni che prima non c’erano, non si sentivano.

Chissà Paola che direbbe… Paola penserebbe… a Paola piacerebbe… Paola, invece, lo odierebbe…” – non è tanto importante capire o ricordare a cosa quelle espressioni si riferissero, ma intuire che quelle parole fossero il tentativo più o meno consapevole di rendere ancora presente Paola, come se fosse lì in mezzo a loro e fosse, attraverso la voce di qualcheduno, ancora in grado di esprimere giudizi e pareri, magari sorridendo come era solita fare.

E poi i vestiti di lei che erano tornati in circolo, accompagnati dagli spilli e dagli anelli che portava, insomma Paola (che non c’era più) era più che mai presente tra di loro. Forse ormai il carico di dolore che aveva accompagnato il suo ricordo fino a poche settimane prima, si stava riducendo al minimo. Non sarebbe mai del tutto scomparso, ma cominciava ad essere sopportabile.

In questa situazione c’era naturalmente molto di buono. In fondo anche la gita in Tuscia l’avevano pensata proprio a quel modo: essere di nuovo tutti insieme, anche con lei trasportata da tutti, ognuno con il suo ricordo preferito in grado di attualizzare le sue reazioni. Andrea aveva avuto l’immagine che loro, i vivi, si fossero messi in circolo, quasi un girotondo stretto e protettivo che salvaguardava uno spazio segreto all’interno di quella cerchia e lì dentro poteva stare Paola che non aveva più bisogno di ausili corporei ma che trovava vita attraverso il loro amore per lei ed i tanti ricordi che lo alimentavano.

E allora qualcuno, particolarmente attento a quello che è scritto, chiederà: e allora che c’è di tanto memorabile?

È solo il parere di Andrea e per quello vale, ma secondo lui quelle parole, quei pensieri segnalavano la fine di un lavoro lungo, complesso e doloroso: il compimento del lutto. Certo c’era qualcosa di esagerato in questa espressione, perché ognuno ha i suoi tempi e non si possono certo standardizzare, ma qualcosa dentro ad Andrea diceva che il lutto era compiuto e che Paola ormai risiedeva per tutti loro, stabilmente nell’altro mondo.

Che scoperta! – ancora qualche benpensante commenterà – perché non lo sapevate? Ancora non avevate capito che Paola non c’era più?

L’autore di queste righe si permette di far notare a chi magari è scettico che c’è differenza, a volte sostanziale, tra sapere razionalmente una cosa e accettarla emotivamente nel proprio interno.

Il lutto serve a questo, a farsene una ragione ed a stabilire le differenze e le diverse “residenze”.

Secondo Andrea in quei giorni si capiva che quel lavoro intricato e penoso, cominciato un anno e mezzo prima, era ormai completato, forse non per tutti, forse non per tutti allo stesso modo, ma di P si poteva di nuovo parlare senza piangere subito, anzi forse facendolo cominciava a spuntare qualche nostalgico sorriso e qualche affettuosa presa in giro.

C’era però, sempre secondo Andrea (forse un po’ troppo abituato a spaccare il capello in quattro), anche un risvolto negativo in tutto ciò. E consisteva nel fatto che le reazioni di Paola, la sua conoscenza del mondo, di cui tutti loro erano al corrente, non sarebbe mai più cambiata, imprigionata in una fissità cristallizzata senza speranza. Un po’ come quelle belle farfalle che hanno conservato i loro colori sgargianti ma sono infilzate da uno spillone che ne ha fermato per sempre il volo.

Chissà poi, continuò, meditabondo, a pensare Andrea, se questo è vero, oppure, magari in modi ancora sconosciuti a noi mortali, lei poteva ancora partecipare alla vita, alla loro vita, a quella vita che insieme avevamo tanto amato.

Magari in un altro dicembre o chissà in un altro mese A avrebbe avuto qualche risposta.

per saperne di più

“Ho perso mia moglie. Mi impegno nel lavoro del lutto” la storia di Andrea

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