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Il ricordo. Il rimpianto. Nelle parole di Silvia Schiavo tutto l’amore per una mamma che non c’e’ e l’essenza di un ricordo che non svanisce: dopo anni. 

Ieri mia mamma avrebbe compiuto 90 anni. Quando a lavoro mi capita di avere a che fare con persone sue coetanee le guardo e mi chiedo come sarebbe stata se fosse arrivata a questa età.

Mia mamma ha iniziato ad avere problemi cardiaci intorno a cinquant’anni, ero piccola quando fu ricoverata e non sapevano ancora cosa avesse e se sarebbe uscita dall’ospedale.

Poi diagnosticarono questa maledetta miocardiopatia dilatativa, una patologia per la quale consigliano il trapianto, non ho mai capito se lei lo avesse rifiutato a priori o ci fossero state altre questioni.

Da allora ha vissuto altri 22 anni, durante i quali è stata spesso ricoverata in ospedale per scompenso cardiaco ed è spesso stata male anche a casa. A volte cerco di focalizzarmi su come è stata gestita la malattia di mia madre, in una situazione dove in famiglia si era molto presi anche dai problemi di salute di mio fratello.

Avere una mamma “grande” sicuramente mi ha segnato, da bambina soffrivo perché le altre mi chiedevano se fosse mia nonna, del resto negli anni ’80 la differenza tra una venticinquenne e una cinquantenne era evidente sotto tanti aspetti, non come oggi, inoltre c’erano più mamme giovani di adesso, l’eccezione era lei, non il contrario.

Poi le assenze, quando era in ospedale: ricordo un capodanno da adolescente in parrocchia, tutte le mamme preparavano qualcosa per farci fare la cena, la mia non poteva e comprai delle salse per crostini pronte. Nonostante l’età, mia mamma era avanti secoli rispetto a tante: ci teneva che andassi in gita, in campeggio, in vacanza, quando fu il momento parlammo di anticoncezionali, le piaceva vedere come mi vestivo a vent’anni per andare a ballare.

Era orgogliosa di me e spesso penso che lo sarebbe stata anche ora, per quello che sono diventata e che cerco di essere e per ciò che ho conquistato, nonostante le difficoltà.

I miei genitori si sono conosciuti tardi e il fatto di avere figli dopo quarant’anni non è stata una scelta voluta, la vita è andata così. Vivo con rimpianto il fatto che se si fosse ammalata più tardi, avrei potuto essere un aiuto maggiore, forse mi sarei incaponita con i medici, avrei tentato altre strade, credo che né lei, né mio padre abbiano mai voluto approfondire o andare oltre a ciò che le dicevano durante i ricoveri o alla cura base che le somministrava il medico di famiglia.

Mia madre era tosta, anche orgogliosa, forse non le sarebbe piaciuto arrivare a novant’anni, sapendo che avrebbe avuto una vecchiaia difficile. Mia madre era piccolina, ma aveva un bel viso e un nasino perfetto, secondo me Mirco lo ha preso da lei. A volte d’istinto vorrei chiamarla per raccontarle cose che mi capitano, credo succeda a tutti quelli che hanno perduto una persona cara. Mia madre la penso spesso, non solo per il compleanno, però oggi meritava un pensiero in più, le sue candeline si sono fermate a 71. Sono triste? Un po’, ma la tristezza è una malattia che ho imparato a curare da un pezzo.

Silvia Schiavo

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