Si conclude il meraviglioso viaggio in Nepal di Luca Gentili, tra nostalgici ricordi e profumi, per fare ritorno alla realtà. E’ proprio vero che viaggiare genera felicità, libertà ed insegna a guardare gli orizzonti senza limiti e senza barriere.

15/3/2018 Da Bandipur a Kathmandu.

 

“La strada è vita.  C’è sempre qualcosa di più, un po’ più in là… non finisce mai.”

Jack Kerouac

Ultima giorno in Nepal: ore sei, mi sveglio con la solita routine, doccia più o meno calda, bagagli, vestiti… abbiamo ancora almeno cinque ore di strada prima di ritrovare Kathmandu.

Scendiamo dalla collina di Badipour su una stretta stradina… devo ricordare di stare a sinistra, lo spazio, è appena sufficiente per una macchina.

Arrivo indenne al bivio con la statale, ora ci attende il passo di Mudkhu su una strada improbabile, per via dei numerosi tratti sterrati, su cui i camion procedono a passo d’uomo arrancando per la ripida salita; il fumo nero che esce dai loro scarichi ti entra nel naso, ti raschia la gola, ti lascia la pelle nera, lucida e untuosa: sembriamo tutti spazzacamini!

Facciamo la solita gimcana cercando di infilarci in ogni pertugio si renda disponibile, passiamo tra il groviglio di camion, macchine e qualsiasi altro mezzo vi possa venire in mente, sorpassando indifferentemente a destra o a sinistra; all’improvviso come sbucato dal nulla mi si para di fronte un poliziotto… “ecco – mi dico – è la fine! Ora prende la mia patente e ne fa coriandoli, mi arresta e getta via le chiavi della cella dove dovrò trascorrere i prossimi anni”.

 

In preda al più tremendo stato di ansia cerco di capire dal suo sgangherato inglese cosa vuole, mi indica di seguirlo e mi accompagna da un ufficiale, sul lato opposta della statale: questo in piedi dietro un grande striscione bianco si presenta e mi dice di essere il locale comandante della polizia. Sempre più rassegnato al funesto destino, lo ascolto invitarmi ad apporre una firma sullo striscione a sostegno della campagna sulla sicurezza stradale! Incredulo mi abbasso, firmo, sorrido, mi lascio fotografare tra un tripudio di strette di mano e, con deferente sottomissione, chiedo se posso andare. Questi, con un cenno della mano, mi indica, che posso ripartire.

Incredulo, sgattaiolo via, ringraziando San Cristoforo protettore dei motociclisti.

 

Riprendo la salita di buona lena e mi infilo nella polverosa Kathmandu per la riconsegna della moto; la devo salutare, un ultimo sguardo, una foto, la mano che accarezza il serbatoio: mi mancheranno le sue bizze al mattino, le molle della sua sella, il battere ritmico del motore.

Ora però è proprio finita, mestamente mi infilo in un minuscolo taxi dopo aver caricato la valigia che ora sembra pesare come il piombo, appoggio la testa al vetro e mi abbandono sul sedile.

Ciao Nepal, non ti guastare, porterò con me tanti splendidi ricordi, di un paese bellissimo, accogliente e colorato.

Dimenticavo di salutare Orzù, il meccanico nepalese che ci ha accompagnato, silenzioso e discreto e con un inglese più che sufficiente; alla fine si sforzava di dire anche qualche parola in italiano!

Ciao Orzo, non ti offendere se ti chiamo così, un grande abbraccio e … good luck.

Luca Gentili

 

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