Essere additati o peggio ancora derisi per il proprio aspetto fisico è certamente una condizione che crea disagio, senso di inadeguatezza e sfiducia verso il mondo esterno.

Con il termine “body shaming” si indica la pratica di offendere qualcuno o qualcuna per il suo aspetto fisico, con insulti, derisioni, giochi di parole o allusioni, genericamente sbandierati poi su social media, sempre più presenti e predominanti. A subirne le conseguenze sono spesso adolescenti insicuri del proprio aspetto fisico che con questo senso di inadeguatezza danno in pasto ai leoni da tastiera, le loro fragilità.

Incontriamo Sofia Rocchigiani, psicologa di 26 anni che collabora col centro Dia.Te.So. che ci spiega l’origine di questo fenomeno: “purtroppo viene da lontano, soprattutto se guardiamo al settore della moda. Fin dagli anni 80 le modelle che cominciavano ad avere successo, dovevano rispondere a dei canoni di bellezza a volte estremi, fatti di una magrezza non in linea con il corpo curvilineo femminile.  Molte ragazze hanno voluto emulare quei fisici con la convinzione che quella fosse la perfezione perché mostravano donne di successo e apparentemente felici. Il mito della perfezione che doveva necessariamente avere determinate misure ed entrare in alcune – pochissime – taglie di vestiti, altrimenti si veniva emarginati. Tutto questo col tempo non è cambiato e anzi con l’avvento di Internet, è tutto molto più amplificato e meno sotto controllo”.

Non dimentichiamo inoltre che molti dei disturbi alimentari sono nati anche da una distorta visione del proprio corpo perché influenzato erroneamente da canoni di bellezza inarrivabili.

Insieme all’associazione le Bollicine, è stata quindi organizzata una mostra fotografica finalizzata a sensibilizzare e trasmettere messaggi di unicità, a prescindere dalla propria fisicità “abbiamo chiesto ad un nostro amico fotografo di farci alcuni scatti in cui eravamo vestite tutte allo stesso modo (maglietta nera e leggings), proprio per sottolineare che siamo tutte uguali e allo stesso tempo uniche nelle nostre meravigliose caratteristiche e peculiarità”.

Credo molto nella forza della comunità – conclude Sofia – perché uniti possiamo abbattere stereotipi invalidanti. Ci vuole una doppia azione, sia a livello sociale e sia a livello medico ed agire con azioni preventive: non sottovalutare i primi messaggi di disagio ma trovare il coraggio di parlarne e rivolgersi alle strutture competenti che possono aiutare e supportare persone vittime di comportamenti altrui, fortemente impattanti; il ruolo della famiglia è fondamentale così come il dialogo nelle scuole dove gli adolescenti sono maggiormente colpiti, poiché estremamente sensibili”.

La mostra sarà visitabile dal 15 al 22 marzo negli esercizi commerciali di Via Maestra a Poggibonsi ed in altri esercizi commerciali di Colle Val d’Elsa.

Stefania Ingino

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