Purtroppo dopo l’ennesimo fatto di cronaca relativo alla morte di Giulia per mano del suo ex fidanzato ci troviamo di nuovo un po’ tutti a fare i conti con questo fenomeno altamente discusso che è la violenza sulle donne e la violenza in genere.

Ci sono molti aspetti legati a un argomento come questo che andrebbero presi in considerazione di pertinenza sia psicologica ma anche di natura più storico e sociale.

Ugualmente infinite sono e sarebbero le domande a cui dover o poter dare risposta. Anche solo nel piccolo grande mondo della nostra redazione, tra lo sdegno generale per quanto accaduto e per quanto accade ormai da troppo tempo, sono emerse molte domande e riflessioni.

C’è chi si è interrogato sull’efficacia dei corsi di educazione affettiva e sessuale nelle scuole, chi ha sollevato il dubbio sul ruolo del corpo e della fisicità in tali comportamenti, chi, si è fatta più di una domanda anche sul ruolo dei genitori e della società in generale.

Chi infine – per sottolineare ulteriormente il carattere sociale e storico della problematica – ha ricordato che, purtroppo nel nostro Paese il femminicidio è divenuto punibile a partire dagli anni 70 e lo stupro è stato riconosciuto come reato nel 1996.

Io per il momento, in attesa di approfondimenti opportuni, mi limito ad alcune considerazioni base che spero siano comunque utili almeno per fare chiarezza sul nome o i nomi da dare a certi aberranti fenomeni.

L’Organizzazione Mondiale della Sanita (OMS; 2014) scrive che la Violenza è “L’utilizzo intenzionale della forza fisica o del potere, minacciato o reale, contro se stessi, un’altra persona, o contro un gruppo o una comunità, che determini o che abbia un elevato grado di probabilità di determinare lesioni, morte, danno psicologico, cattivo sviluppo o privazione”. Quindi per parlare di violenza è fondamentale il concetto di intenzionalità (dell’atto o della minaccia dell’atto), di forza e di eccesso.

La violenza, sempre secondo l’OMS può essere autoinflitta o interpersonale che può essere ulteriormente differenziata in violenza domestica o di comunità.

In particolare modo viene definita Intimate Partner Violence (IPV) quella violenza interpersonale che si verifica tra partner.

Ma come si estrinseca la Violenza? Per ciascuna delle categorie fin qui esposte, è possibile identificare diverse espressioni di violenza. Solitamente vengono classificati in quattro tipi, ossia:

  • violenza fisica
  • sessuale
  • psicologica (per esempio la manipolazione mentale)
  • connessa a privazione o incuria.

Quella psicologica, forse meno facilmente identificabile ma molto diffusa, è costituita da un insieme di atti e parole utilizzati come strumento di coercizione e di oppressione contro le volontà di un’altra persona.

Come riportato dall’Osservatorio nazionale sulla Violenza (2022) “Per maltrattamento psicologico si intende quella serie di comportamenti che mira a svalutare una persona ponendola in una condizione di subordinazione e danneggiandone il benessere psicologico ed emotivo.

La violenza psicologica non riporta effetti fisici evidenti, come troviamo invece in quella fisica o in quella sessuale, ma i suoi effetti sono più difficili da riconoscere, sia per la vittima stessa che per un osservatore esterno”

Ma al di là delle definizioni, come scrive Graziani (2022) “l’atto fisico come quello psicologico è violento quando viene praticato per egoismo e dominio da parte dell’uomo sulla donna; è un atto indegno in quanto privo di valori. E quando l’atto violento è privo di valori fuoriesce dalla sfera spirituale del soggetto e non solo; esce anche dalla sfera della giuridicità divenendo crimine.

Si consuma, in questo modo ogni capacità di giudizio riferito ai valori e come dice Walter Benjamin «una causa agente diventa violenza, nel senso pregnante della parola, solo quando incide in rapporti morali» e la sfera di questi rapporti è definita dai concetti di diritto e giustizia16. Secondo questa prospettiva il valore della reciprocità e del rispetto che si coniuga con il valore della giustizia instaura una relazione mezzo-fine: se il fine è il valore della reciprocità e del rispetto che salvaguarda la misura della relazione umana tra uomo e donna, il mezzo qualificato come violenza porta alla rottura della giusta misura e appare come una funzione del disprezzo che si oppone al rispetto. Chi compie violenza non ha rispetto, genera una attività contro. Genera una non convergenza d’intenzioni e volontà (Bergson), genera una forma di opacità che esclude ogni rapporto umano (Simone Weil)”.

Cosa aggiungere? A me viene da pensare, riprendendo le grandi teorizzazioni del Prof Liotti (1994/2005)  che tutti noi nasciamo con tendenze universali, biologicamente prederminate che regolano la condotta in funzione di particolari mete e sono in stretta relazione con l’esperienza emotiva (Sistemi Motivazionali Interpersonali) Che tra questi, abbiamo in comune con i mammiferi quello Agnistico o di Rango che ci permette di muoverci in funzione della definizione dei ranghi di potere potendoci muovere verso la dominanza/sottomissione per regolare all’interno di un gruppo il diritto prioritario di accesso alle risorse.

Tuttavia, e questa è una peculiarità tipica solo degli esseri più evoluti quali dovrebbe essere l’uomo, abbiamo anche il sistema cooperativo paritetico che ha come meta il conseguimento di un obiettivo comune e che predispone gli individui ad sforzo congiunto(Fiore, 2018).

E anche se penso al sistema educativo-sociale già da bambini ci raccontano favole in cui uomini o donne compiono atti salvifici o malefici: cappuccetto rosso viene salvata dal cacciatore e Biancaneve allontanata dalla matrigna.

Cosa voglio dire con tutto ciò? Tutti noi a livello personologico o sociale abbiamo la possibilità di scegliere se dominare sull’altro (essere i cattivi della storia) o muoverci a favore dell’altro (i buoni della situazione).

Certo, certe forme di devianza o di psicopatologia condizionano il nostro comportamento, ma non credo che non si possa scegliere: secondo me lo si deve fare. E si deve scegliere, forse, di cambiare nel senso più ampio del termine. Impossibile? Non credo Arduo e coraggioso? Forse.

“Le stelle non si allineeranno mai, e i semafori della vita non saranno mai tutti verdi nello stesso momento. L’universo non cospira contro di te, ma nemmeno si impegna per renderti le cose facili. Le condizioni non sono mai perfette. “Prima o poi” è una malattia che ti porterà a non realizzare mai i tuoi sogni. Le liste di pro e contro hanno quasi lo stesso effetto. Se qualcosa è importante per te, e vuoi “prima o poi” realizzarla, fallo. Avrai tempo per correggere gli errori lungo il cammino”(Tim Ferriss)

Cristina Rigacci

Psicologo e Psicoterapeuta. Studiosa di dinamiche psicologiche sottese ad una genitorialità difficile o resa tale per la presenza di un figlio che soffre a causa di una malattia o disturbo, ha lavorato per anni con le associazioni senesi “Sesto Senso” e “Asedo” per facilitare l’integrazione di alunni con disabilità e favorire esperienze di autonomia (housing) per un piccolo gruppo di ragazzi Down. E’ tra i soci fondatori di Codini & Occhiali.

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